Scuola, tutti i pericoli del modello Formigoni
“Quell’articolo è una follia istituzionale da mettere in capo tutta alle scelte ideologiche del
Presidente Formigoni e dell’Assessore Aprea [quello del famoso disegno di legge, recentemente
ritornato in auge, ndr]”. Sono parole di Mimmo Pantaleo, segretario nazionale della Flc-Cgil, che
chiede a Profumo di intervenire con un parere inequivocabilmente negativo perché quell’articolo,
approvato qualche giorno fa dal Consiglio Regionale della Lombardia, permette il reclutamento dei
docenti direttamente da parte delle singole scuole.
L’articolo è l’8 del progetto di legge 146 “Misure per la Crescita e l’Occupazione”. Continua
Pantaleo: “Il reclutamento [dei docenti, ndr] è materia delegata alla legislazione nazionale, col reale
rischio di discriminazioni e messa in discussione della libertà d’insegnamento”. E aggiunge:
“Diffidiamo il Ministero a stipulare qualsiasi intesa con la Regione Lombardia per dare attuazione a
quella legge. Siamo pronti ad intraprendere tutte le iniziative di mobilitazione e valuteremo come
sollevare il profilo di costituzionalità”. Tutte le forze sindacali, dalla Cisl, all’Anief, ai Cobas si
uniscono alla protesta.
Ecco il testo dell’articolo 8: “
Al fine di realizzare l’incrocio diretto tra domanda delle istituzioni
scolastiche autonome e l’offerta professionale dei docenti le istituzioni scolastiche statali possono
organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente
con incarico annuale. E’ ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto
scuola iscritto nelle graduatorie provinciali fino ad esaurimento’
‘. Di cosa si tratta? Della
possibilità per gli istituti scolastici di formare proprie graduatorie interne – indipendenti dai
punteggi attribuiti ai singoli insegnanti in quelle provinciali – dalle quali attingere per i contratti ai
supplenti.
Secondo il parere di Roberto Formigoni, il quale – nonostante una giunta composta ormai (usando
un eufemismo) di nani e ballerine – continua imperturbabile nel suo mandato a vita, il mondo della
scuola avrebbe espresso per lo più parere positivo nei confronti del provvedimento.
“La maggioranza – aggiunge, e a questo possiamo credere – è coesa: le singole scuole potranno
chiamare gli insegnanti più coerenti con le particolarità di quell’istituto, e questa è una misura di
modernità”. Ecco un altro principio sacrificato sull’altare della modernità, osannata – da destra e da
sinistra – come la A e la Z di ogni risorsa positiva. Così ci hanno fregato, anno dopo anno,
provvedimento dopo provvedimento. In nome di un evergreen, tutto forma e niente sostanza. Anzi,
con una sostanza sempre più evidente: modernità significa neoliberismo, deroga ai principi
costituzionali, violazione dei diritti.
Le “sperimentazioni” lombarde hanno recentemente costituito l’inizio di una deriva nel sistema
dell’istruzione nazionale: dai “buoni scuola”, all’istruzione tecnica, la Lombardia da anni ha teso a
minare l’unitarietà del sistema scolastico nazionale. Quello che né Formigoni né i suoi riescono a
capire, in questo perfettamente spalleggiati dai leghisti presenti in giunta, è il fatto che, seppure le
regioni siano realtà socio-culturali diverse, ciò non deve tradursi in alterazione dell’impianto
nazionale, configurando 20 sistemi scolastici.
Ai tempi – ormai passati – del suo fulgore politico attualmente intaccato dalle inchieste giudiziarie,
Davide Boni, Lega Nord, presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, affermava: “Pieni
poteri alle regioni per dare la precedenza agli insegnanti lombardi [un optional l' accesso di tutti i
cittadini a tutti gli uffici pubblici senza discriminazione, previsto dall'art. 52 della Costituzione,
NdR]. La piena attuazione del federalismo si traduce nell’autonomia concessa alle regioni nelle
diverse materie previste dalla stessa riforma federale e dalle modifiche introdotte al titolo V della
Costituzione”.
Ecco la risposta dell’avvocato Corrado Mauceri (Per la scuola della Repubblica): “La riforma del
federalismo fiscale esplicitamente non prevede alcuna modifica per quanto attiene l’ordinamento
scolastico. La riforma del Titolo V va poi interpretata nell’ambito dei principi fondamentali della
Costituzione. Le norme generali dell’istruzione sono stabilite dalla Stato, che garantisce
uguaglianza ai cittadini sui diritti fondamentali, tra cui l’istruzione, e che realizza scuole statali –
con personale, programmi, criteri di valutazione, obiettivi statali. Quindi la competenza che il Titolo
V attribuisce alle regioni riguarda gli aspetti organizzativi della scuola e non quelli istitutivi. Questi
principi, peraltro, sono messi in discussione dalla recente proposta di legge sul governo delle
istituzioni scolastiche che stravolge il sistema scolastico statale come definito dalla Costituzione”.
Per tre anni – tale è la durata della “sperimentazione” – i dirigenti scolastici della Lombardia
potranno reclutare direttamente i docenti nominati per le supplenze annuali, senza rispettare né
ordine nelle graduatorie, né priorità da diritti acquisiti. In termini concreti, ancora una volta, in una
sorta di macabro leitmotiv che sembra scandire questi anni tristi della nostra storia, un non ben
definito concetto di “merito” – che meglio si determinerà nelle differenti declinazioni che ciascun
dirigente scolastico vorrà assegnargli – prevarrà su alcuni diritti riconosciuti ed acquisiti.
Si configura, poi, nei fatti, una violazione del principio di laicità della scuola e della libertà di
insegnamento. Diventerà una necessità – in un dare-avere di dismissione delle libertà per acquisire
la merce rara del diritto al lavoro – rendersi conformi a quelle “necessità delle scuole” che
potrebbero essere non solo di ordine pedagogico-didattico, ma anche ideologico. Non è un caso che
grande soddisfazione per l’approvazione della sperimentazione sia stata espressa da Roberto
Gotero, presidente dell’Agesc – Associazione genitori scuole cattoliche – che ha parlato di “un
segnale molto positivo per tutto il mondo della scuola”. Considerando che – tra le scuole non statali
– quelle confessionali sono la maggioranza, il cerchio si chiude.
Ecco la modernità che ci aspetta. E il silenzio del ministro Profumo – per il momento – risuona
quanto mai inquietante.
Micro Mega 15 aprile 2012