Scuola, stop al Senato Il premier rilancia: pronto alla fiducia
La commissione rinvia l’esame a martedì. Renzi pensa alla forzatura Proposta di mediazione: tetto alle donazioni, chiamata diretta dal 2016
ROMA Conto alla rovescia per salvare la riforma della scuola, ricucire lo strappo interno al pd e assumere centomila professori. Il presidente della Settima commissione del Senato Andrea Marcucci ha chiesto una pausa di due giorni. In pallacanestro si chiamerebbe un Tie breack. Il tempo per trovare un accordo con le opposizioni e con la minoranza dem per ritirare gran parte degli emendamenti e votare un testo modificato e corretto («ma non stravolto»).
IL PIANO A
Le prossime ore serviranno a mettere a punto una proposta di mediazione che assorbe gran parte delle obiezioni avanzate in commissione: nel nuovo testo ci saranno criteri più stringenti nella valutazione di presidi. Una riforma dell’articolo 18 che istituisce lo School Bonus con un tetto di 5000 euro per le donazioni di privati e di 50 mila per le imprese. Verrà stabilita una quota fissa per garantire anche gli istituti scolastici svantaggiati e più ”poveri” grazie a un fondo ad hoc di perequazione (il contributo oscillerà tra il 10% e il 20%).
Miguel Gotor, senatore bersaniano, componente che ha presentato una ventina di emendamenti, tiene il punto: «Se il governo vuole, domani si possono assumere non 100 mila ma 130 mila professori e poi discutere di tutto il resto. Tanto più che il disegno di legge prevede che alcuni punti strategici partano dal 2016 e non prima. Perché cercare allora una forzatura? Lo scontro non serve a nessuno». I dissidenti rigettano le accuse, sommessamente lasciano intendere che sul banco degli accusati ci sono loro ma solo per mascherare l’inaffidabilità dei centristi in fermento per il caso-Azzollini. In commissione la maggioranza è risicata. Ma Mineo e Tocci, dissidenti dem hanno votato finora con la maggioranza (a differenza di Esposito, Ncd). Tocci è disposto a fare un passo indietro e a ritirare i suoi emendamenti ma solo se ci sarà lo stralcio, «non è vero che non si possono fare tutte le assunzioni in assenza del resto delle norme. La chiamata degli insegnanti da parte dei presidi, secondo il testo in discussione al Senato, parte nell'anno scolastico 2016-17. I precari non devono pagare gli errori del governo». Idem Stefano Fassina che la pensa allo stesso modo, «se le assunzioni si vogliono fare è solo un problema di volontà politica».
IL PIANO B
Se la proposta di mediazione non passerà e non si ritireranno gli emendamenti sarà scontro. Renzi ha già fatto sapere ai suoi che «non esclude» il ricorso alla fiducia. Vorrebbe dire far saltare tutte le ipotesi di mediazione e togliere senso anche alla conferenza generale sulla scuola proposta dal premier per i primi di luglio. Di stralcio dell’articolo 10 il Pd infatti non vuole sentir parlare. Fallito l’ultimo tentativo si passerà al piano B. Il governo si presenterà in Aula e chiederà la fiducia. È la forzatura che Renzi e i renziani vorrebbero evitare. E la vorrebbe evitare anche il ministro all’Istruzione Giannini, convinta che «non si possa rimandare sempre la palla a un altro tempo della partita». Riferimento al muro che si è alzato dalle opposizioni. E mentre autonomi e Cobas anche ieri hanno manifestato in piazza del Pantheon a Roma, i confederali (cui il governo fa capire di voler addossare le eventuali mancate assunzioni) ora si chiedono che fine faranno i precari. Domanda che ora si fanno tutti.
Claudio Marincola