Scuola, si riparte in quattro regioni tra paura e proteste
Studenti in classe al 50 per cento in Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Molise. Ancora dodici territori con la didattica distanza. "Vogliamo rientrare, ma non in piena pandemia". Il sindaco chiude le scuole di Enna. E in Friuli Venezia Giulia un altro ricorso
Corrado Zunino
ROMA – Al Righi di Bologna, scientifico di tradizione, i rientri sono a rotazione. Tre giorni in presenza e altrettanti in Didattica a distanza. Così al Virgilio sul lungotevere di Roma: lunedì, mercoledì e venerdì in classe, gli altri tre giorni (sabato compreso) con il pc dalla cameretta. Ma per molti studenti il lunedì della ripartenza – riaprono a metà, il cinquanta per cento, gli istituti presenti in Emilia Romagna, nel Lazio e anche in Piemonte e Molise – è un lunedì di sciopero. Che sia presenza o distanza. Il cuore della protesta degli studenti non è la Dad, strumento certo stancante e limitato, ma è il fatto che alla fine del primo quadrimestre, e un anno dopo l’arrivo del coronavirus in Italia, siamo messi così. Con otto regioni che riavviano metà delle scuole superiori e altre dodici che – forse – lo faranno lunedì 25 o, addirittura, lunedì 1 febbraio.
Filippo, classe quarta al Righi: "Avrei preferito tornare il 25 gennaio, una settimana in più per organizzare la ripartenza sarebbe servita". L’amica Alessandra: "Io ho un po' di paura, la voglia di tornare c'è, ma questo non è il momento giusto". Lucrezia: "Siamo in piena epidemia, il rientro in presenza è un rischio ulteriore. Vivo con mia nonna che ha 86 anni e ho paura di poterla contagiare". Jennifer, di una terza: "La Dad non funziona, ma siamo comunque preoccupati di tornare in classe. Faremo molta attenzione: distanziamento e mascherine".
Diversi studenti sono stati accompagnati in auto dai genitori, per evitare rischi di affollamento sui bus. Chi si è mosso in scooter, chi ha aggiunto il Righi in bicicletta. Nel biennio la voglia di rientro è più esplicita: "In classe si riesce ad apprendere meglio, aumenta l'attenzione. Il rischio di prendere il virus è dappertutto, è giusto essere tornati ", sottolinea Emanuele. Al Virgilio di Roma uno studente di terza, in sede: “A casa mia lavora solo mia madre, se mi ammalo e la contagio, lei si ferma. E si ferma la famiglia. Questa accelerazione è preoccupante”.
Tra gli studenti le opinioni sono diverse, alcuni sondaggi hanno sempre indicato, tuttavia, in maggioranza chi avrebbe preferito continuare le lezioni a distanza. Tra i docenti il sentimento è, invece, chiaro: restiamo in Dad fino a quando la curva del contagio non dà certezze.
"Sì a riaperture ma in sicurezza, altrimenti avanti con la Didattica a distanza". Lo dice Patrizia Marini, dirigente dell'Istituto tecnico agrario Emilio Sereni di Roma. "Per gli studenti la difficoltà più grande resta quella dei trasporti, soprattutto per gli istituti agrari che sono in luoghi lontani dai centri abitati. Le lezioni in streaming non sono paragonabili a quelle in presenza, “ma dopo un anno di allenamento e corsi di formazione abbiamo raggiunto livelli alti di preparazione". Al Gioberti di Torino gli studenti si dicono, ancora, “contenti e preoccupati”.
"Doppio turno anche per primaria e infanzia"
Il Coordinamento nazionale di Scienze della Formazione primaria Nuovo ordinamento apre la questione infanzia e primaria. Scrive così: “Non abbiamo mai chiesto la chiusura della scuola, ma se si deve continuare in queste condizioni è forse l'unica soluzione che tuteli la salute. In tempi di Covid-19 resistere in aule piccole con 20-25 studenti, per otto ore al giorno e pasti annessi, non è sinonimo di sicurezza. Non è certo il momento di fare una battaglia politica sulla pelle di chi lavora nella scuola e studia. Gli insegnanti chiedono il doppio turno per la primaria e l'infanzia, almeno fino a che non passi il freddo. Chiedono il vaccino in tempi brevi e il riconoscimento dell'isolamento fiduciario in caso di alunno positivo in classe. La voce dei docenti deve guidare le scelte politiche, non subirle”.
Il Comitato Priorità alla scuola, che oggi alle 16 sarà in piazza con la Rete degli studenti medi, applaude al parziale rientro, ma sottolinea tutto quello che ancora è da fare: screening "efficace e periodico" dedicato alle scuole, sui trasporti un reale monitoraggio dei fabbisogni in relazione alle tratte percorse dagli studenti in entrata e in uscita, realizzazione nelle aule di un sistema di areazione e sanificazione, graduale aumento della percentuale in presenza ed eliminazione appena possibile dei doppi turni, con la concessione di una maggiore autonomia alle scuole per l'organizzazione e la declinazione oraria, una fase di rientro dedicata alla ricostruzione della relazione degli studenti e al recupero degli apprendimenti “e non esclusivamente alla certificazione del voto”. Le richieste per il futuro prossimo sono l’elenco di quello che il ministero dell’Istruzione non ha fin qui fatto: classi con massimo venti studenti, assunzione di un maggior numero di insegnanti, eliminazione del precariato, assegnazione di un dirigente scolastico ad ogni scuola.
A Milano il nascente Comitato in difesa della scuola ha messo le catene al portone dell'Ufficio scolastico regionale di Via Polesine: "Vi chiudiamo fuori come voi avete chiuso fuori noi". C’è un nuovo istituto occupato in città, è il Parini, classico in centro. Al Liceo Carducci, sempre a Milano, studenti e docenti hanno scritto una lettera che evidenzia i ritardi nelle politiche sugli spostamenti. E i ragazzi del Liceo Avogadro di Roma chiedono di poter ricavare aule scolastiche in locali alternativi come quelli dei musei, “chiusi da mesi”.
Il nuovo ricorso del Friuli Venezia Giulia
Nelle prossime ore sarà presentato un nuovo ricorso al Tar contro la seconda ordinanza firmata dal governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, "che blocca ancora una volta la ripresa della didattica in presenza nelle scuole superiori di secondo grado della regione". Ad annunciarlo è l'avvocato Filippo Pesce, che rappresenta lo stesso gruppo di genitori che ha presentato il primo ricorso, accolto dal Tribunale amministrativo la settimana scorsa. "Sto predisponendo il testo del ricorso che sarà presentato entro la serata o al più tardi domani mattina", ha riferito l'avvocato. "Va subito precisato - ha proseguito il legale - che i firmatari sono soltanto la punta dell'iceberg di un grande movimento di genitori le cui fila si stanno ingrossando in tutta la regione".
"Il 78% delle cattedre ancora vuote"
In queste difficoltà, diventa un peso insostenibile il ritardo nel reclutamento degli insegnanti. Il Direttivo docenti precari della Toscana ha calcolato che su 84.808 cattedre disponibili lo scorso settembre, il 78 per cento sono rimaste vacanti.
Dopo le duecento classi messe in quarantena in Veneto, il sindaco di Enna, Maurizio Dipietro, ha firmato un'ordinanza che ferma le lezioni in presenza negli istituti di ogni ordine e grado fino al 23 gennaio. L'Azienda sanitaria provinciale aveva comunicato al Comune che, nel corso dello screening della popolazione scolastica, aveva rilevato 69 positivi su un totale di 700 tamponi eseguiti. Il sindaco di Reggio Calabria, infine, ha chiuso l’Istituto comprensivo Radice Alighieri di Catona. E, in controtendenza, il dirigente scolastico dell'Istituto Ipsia di Tortolì (Agrario, Nautico, Alberghiero e Sociosanitario Ianas) ha scritto al prefetto di Nuoro che riparte il lavoro in presenza per 400 degli 800 studenti dei vari plessi. Questo, nonostante la Regione Sardegna abbia ordinato la riapertura delle scuole il primo febbraio: "Mi ispiro al Decreto di governo, l'ordinanza della giunta regionale è solo un atto amministativo", ha detto il preside Gian Battista Usai.