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Scuola, sì ai presidi manager Ma il 72% non conosce la riforma

Il piano sui precari ha ampio consenso. Bocciati gli sgravi per le paritarie

04/05/2015
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Corriere della sera

La riforma della scuola, battezzata «la Buona scuola», sta suscitando vivaci reazioni, non diversamente dalle altre riforme proposte da governo. Una parte rilevante degli insegnanti e del personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario), infatti, ha reagito negativamente e i sindacati della scuola hanno indetto uno sciopero per martedì 5 maggio.
Quanto ne sanno e cosa pensano gli italiani di questa riforma? Non ne sanno molto, non tanto per lo scarso interesse verso la scuola che, al contrario, risulta molto elevato nella popolazione, quanto per la difficoltà a seguire con attenzione le novità introdotte e le conseguenze che ne derivano. Solo il 2% dichiara di conoscere la riforma in dettaglio (probabilmente i diretti interessati) e il 26% ne conosce i principali punti. La maggioranza assoluta (57%) sa solo che se ne sta discutendo e il 15% ignora del tutto l’argomento.
L’assunzione dei 100 mila precari già iscritti nelle graduatorie nazionali ad esaurimento o vincitori all’ultimo concorso bandito nel luglio del 2012 suscita un largo consenso: circa quattro intervistati su cinque (81%) esprime una valutazione positiva, mentre il 16% si dichiara critico. Si tratta di un provvedimento che non elimina il precariato (sono esclusi, per esempio, i precari d’istituto) ma viene comunque considerato un segnale importante sul fronte occupazionale che da tempo risulta in testa alla graduatoria delle preoccupazioni degli italiani.
La riforma prevede la concessione di un’ampia e inedita autonomia agli istituti, assegnando nuovi poteri ai dirigenti scolastici i quali avranno la responsabilità della definizione del piano triennale dell’offerta formativa (che definisce le strategie dell’azione educativa), della scelta dei docenti da assumere e dell’assegnazione dei riconoscimenti economici (gli scatti di merito) agli insegnanti giudicati migliori. Si tratta di un provvedimento che incontra il favore della maggioranza degli intervistati (56%) ma suscita critiche da parte di una importante minoranza (40%). Il dissenso prevale tra gli elettori grillini, i residenti nelle regioni centro-meridionali e gli studenti. Tra i dipendenti pubblici si registra una netta divisione: 51% i favorevoli e 49% i contrari.
Come si spiega questa contrarietà, minoritaria ma comunque rilevante, ad un provvedimento che va nella direzione della tanto auspicata autonomia scolastica? I motivi sono probabilmente da ricondurre alla preoccupazione per un eccesso di potere attribuito ai dirigenti scolastici nella definizione delle scelte pedagogiche, organizzative e gestionali (limitando i poteri degli organi collegiali) e nelle questioni riguardanti l’organico (assunzioni e bonus economici legati al merito). Forse si tratta di una generica sfiducia per gli attuali dirigenti scolastici, non ritenuti all’altezza delle nuove responsabilità.
Infine, riguardo alla possibilità per i genitori degli alunni iscritti a scuole private paritarie di usufruire di detrazioni fiscali prevale la contrarietà: il 56% esprime un giudizio negativo mentre il 42% si dichiara a favore. Le opinioni sono molto diversificare in relazione agli orientamenti politici: il dissenso prevale tra gli astensionisti, i grillini e, in misura più contenuta, tra gli elettori del Pd. Il consenso prevale tra i leghisti e tra gli elettori centristi. Gli elettori di Forza Italia si dividono a metà. Il provvedimento rimanda ad una stagione nella quale il dibattito sul finanziamento della scuola privata era molto acceso e fortemente connotato ideologicamente. Anche allora tra gli italiani prevaleva il dissenso, non solo per ragioni politiche, ma perché le private sono considerate scuole riservate ai più abbienti (che non necessitano di agevolazioni economiche) e, soprattutto, perché le risorse assegnate alle scuole private sono considerate sottratte a quelle pubbliche che, come è noto, non versano in condizioni floride. E, a questo proposito, l’aneddotica è estremamente ricca: dalle preoccupanti condizioni degli edifici scolastici all’onere dell’acquisto di materiale di pertinenza della scuola da parte delle famiglie.
Nel complesso prevale il consenso sulla riforma scolastica, ma la differenza tra favorevoli e contrari è molto risicata: 42% contro 39% e un intervistato su cinque non si esprime. Il dissenso prevale solo tra i grillini e gli astensionisti, le cui opinioni sono talora influenzate dalla sfiducia generalizzata nei confronti del governo.
In generale, ai giudizi positivi sulla stabilizzazione di una larga parte dei precari e sulla aumentata autonomia scolastica (pur con le riserve di cui si è detto), fa da contraltare la contrarietà rispetto alle detrazioni fiscali per gli iscritti alle private. Quest’ultimo è un tema sensibile che attenua il favore nei confronti della «Buona scuola».

 


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