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Scuola, scontro governo-sindacati La minaccia del blocco degli scrutini

Protesta anche sui test Invalsi: calano le adesioni. Giannini: è un sabotaggio molto grave

13/05/2015
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Corriere della sera

ROMA Ad un certo punto dai toni gentili e pacati il clima si è fatto più caldo, qualcuno ha alzato molto la voce e qualcun altro gli ha risposto: «Non ci metti paura». È stato quello probabilmente il punto di non ritorno dopo quasi tre ore di incontro a Palazzo Chigi. Da una parte il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, le ministre delle Riforme, dell’Istruzione e della Pubblica amministrazione Maria Elena Boschi, Stefania Giannini e Marianna Madia (uscita quasi subito) e il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Dall’altra, i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, i sindacati di categoria e le associazioni di presidi e docenti. Protagonista ancora una volta la Buona scuola di Matteo Renzi.
Il premier non era nella Sala Verde ma fin dalla mattina apriva: «Siamo disposti ad ascoltare i sindacati su tutto, ma la scuola funziona se è di tutti», e twittava: «Il dialogo sulla Buona scuola è utile, presto un #matteorisponde».
Ma i sindacati non hanno apprezzato. E alla fine del tavolo («formazione curiosa: sindacati con associazioni minori», notava Camusso) hanno minacciato: «Blocco degli scrutini». Cobas e Snals lo hanno promesso. Cgil, Cisl, Uil e Gilda lo appoggiano. Il sottosegretario De Vincenti lo giudica «irresponsabile: colpirebbe unicamente studenti e famiglie, sconcerta che si risponda così alla volontà del governo di dialogare». Ma loro dicono all’unisono: «Dal confronto non abbiamo avuto alcuna risposta, né aperture, né passi avanti», anzi, peggio. «Abbiamo ancora la pistola puntata alla tempia» (Barbagallo, Uil), «da governo arroganza sbalorditiva» (Piero Bernocchi, Cobas), «ben lontani dal cambiamento profondo che andava definito» (Camusso, Cgil), «non è umiliando gli insegnanti che si migliorerà la qualità della scuola» (Rino Di Meglio, Gilda). Solo Furlan (Cisl) apprezza «le aperture del governo: ma che si concretizzino in modifiche». Risultato: «Continueremo a batterci».
Il che significa che, a neanche un mese dalla fine della scuola, si annuncia un maggio caldissimo. Le proteste non si sono concluse con lo sciopero del 5 maggio cui hanno aderito oltre 600 mila tra prof e personale amministrativo. C’è stato il boicottaggio dell’Invalsi, il test di autovalutazione di elementari e superiori, con un calo di adesioni che sfiora il 20 per cento rispetto al 2014. Per la Giannini «un sabotaggio gravissimo: speculare su questo tema significa speculare sul futuro dei ragazzi, è inaccettabile». Ma in molte scuole, piccole forme di protesta sono già in atto. In Lombardia ad esempio sono sospese le attività aggiuntive. A Roma, alcuni prof rallentano la scelta dei libri di testo per il prossimo anno. E già ieri sera in piazza Montecitorio, un gruppo di insegnanti srotolava striscioni anti Buona scuola e anti dirigenti scolastici: «Presidi... noi non baciamo le mani».
Perché, nonostante le modifiche approvate in commissione Cultura, il preside-manager proprio non va giù a nessuno: no al fatto che scelga il docente, né al fatto che lo premi o meno, perché «non si può dare tutto questo potere ad una sola persona». Ma ieri, la ministra Boschi spiegava: «Non è accettabile l’affermazione che tutti i presidi sono corrotti: come in tutte le categorie, ci sono professionisti bravi e altri meno, bisogna avere tutti una maggiore fiducia reciproca tra docenti e dirigenti scolastici, per il bene della scuola». Il governo si è detto comunque disponibile ad un nuovo incontro. «Perché restano delle divergenze forti — ammette la Giannini —, ma c’è una volontà continua di dialogo». E pure Delrio: «La scuola è sempre stata al centro del nostro programma. Speriamo di convincere tutti, anche i sindacati». Il prossimo incontro sarà con la Giannini dopo il voto alla Camera (19 maggio).
Claudia Voltattorni

cvoltattorni@corriere.it
 


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