Scuola, riparte la mobilitazione
di MArina Boscaino
Dove eravamo rimasti …
Il 12 luglio scorso una grande, partecipatissima assemblea, nell’imminenza della firma (che sarebbe arrivata 3 giorni dopo) del Presidente della Repubblica al testo della legge sulla scuola più contestata nella storia italiana (ne fanno fede l’adesione straordinaria allo sciopero del 5 maggio, nonché – per l’appunto – il fatto che in luglio, a lezioni finite e ad esami di Stato in corso docenti e studenti conservassero ancora energia per organizzare in pochi giorni un importante e coinvolgente momento di democrazia dal basso) ha sviluppato alcune conclusioni condivise. Il Comitato nazionale per il Sostegno alla Lipscuola, promotore dell’incontro del 12 luglio, ha organizzato, su mandato dei soggetti presenti quel giorno (oltre a rappresentanti di molti dei 36 comitati locali della Lip, Autoconvocati Roma, Autoconvocati Campania, No Invalsi, Mida Precari, Coordinamento Corato, Illumin’Italia, Comitato Proscuola pubblica Bari, Comitato Sciopero della Fame al Quirinale, Manifesto dei 500, gruppo LS Amaldi Bitetto (Ba), Gessetti Rotti, Coordinamento scuole Viterbo, MCE, Cidi, Rete della Conoscenza, Coordinamento per la Democrazia Costituzionale), dei rappresentanti dei sindacati (FLC, Gilda, Unicobas, UDS) e sentito il parere di alcuni parlamentari o esponenti di gruppi politici Alessia Petraglia, Arturo Scotto, Loredana De Petris, Maria Mussini, Fabrizio Bocchino, Stefano Fassina, nonché Vito Meloni, Christian Raimo, Giulia Rodano (rispettivamente di Rifondazione Comunista, Possibile e L’Altra Europa), 2 giorni di riflessione il 5 e 6 settembre a Bologna.
5 settembre: i comitati per la Lipscuola riprenderanno operativamente in mano il testo della legge per “attualizzarlo” attraverso un lavoro di confronto e contributo diffuso e condiviso, volto a individuare le procedure per riproporre il testo della Lipscuola (decaduto da ddl, dopo l’approvazione della l. 107/15) come legge di iniziativa popolare; 6 settembre: i soggetti presenti a Roma il 12 luglio e molti altri che nel frattempo hanno aderito discuteranno strategie di opposizione alla legge 107, compresa l’eventualità di proporre ed organizzare un referendum.
E a che punto siamo…
La fine di luglio e il mese di agosto sono stati rocamboleschi, per certi versi. Partiamo proprio dal referendum. Immediatamente dopo l’approvazione della legge da due fronti ben diversi e distinti – Possibile di Civati e un ancor oggi non meglio identificato movimento Leadership alla Scuola – partono due proposte referendarie distinte. Circostanza curiosa, dal momento che i due soggetti non si erano segnalati affatto nel precedente anno di mobilitazione collettiva contro la Buona Scuola di Renzi; l’annuncio delle iniziative coglie inoltre di sorpresa la maggior parte degli attori della mobilitazione, molti dei quali presenti – peraltro – alla riunione del 12 luglio. Ad oggi, a pochissimi giorni dalla data ultima per la presentazione delle firme da raccogliere per indire il referendum sui due quesiti individuati, non ci sono evidenze alcune sulla riuscita delle due iniziative. Invitiamo pertanto calorosamente gli organizzatori a partecipare ed intervenire all’assemblea del 6 a Bologna, con la raccomandazione di provare a riflettere su quanto scuola statale e democrazia diretta siano questioni serie, da maneggiare con cura, riflessione, approfondimento, competenza, tempi necessari.
La questione del precariato: un interessante, sintetico e competente studio dell’associazione Gessetti Rotti rivela come la fase B del piano assunzionale, sbandierato – inutile dirlo – come “epocale”, “storico”, “rivoluzionario” dalla verbosa, banale e monotona demagogia di regime, ponga un’ombra non solo su tanta enfasi, ma anche sulla reale efficacia del provvedimento anche per le sue modalità di realizzazione, che prevedono un’improvvida e punitiva mobilità per i neoassunti, al di là di ogni ragionevole necessità e di ogni concreta praticabilità per salari non oltre i 1300 euro e una professione ad altissimo tasso di femminilizzazione. Nonché in spregio di diritti acquisiti in anni di precarietà.
C’è poi tutta la questione relativa alla funzione che le regioni possono avere rispetto alla costituzionalità della legge. Sarebbero state violate ed invase alcune loro competenze, in virtù del Titolo V della Costituzione. Puglia, Veneto e Calabria, anche se con motivazioni e modalità diverse, stanno muovendosi per presentare eccezioni di costituzionalità. Previsto per il 31 pomeriggio a Reggio Calabria un sit in degli insegnanti calabresi per sostenere la mozione presentata il 25 agosto (e discussa il 31) relativamente ai profili di incostituzionalità che andrebbero a ledere le competenze regionali.
Un panorama magmatico, aperto su molti fronti e convergente sulla necessità di continuare una mobilitazione responsabile, convinta, coesa contro una legge iniqua e fortemente configurata come spallata definitiva alla scuola della Repubblica e della Costituzione. A chi scrive, come Reginaldo Palermo su Tecnica della Scuola, che il movimento abbia abbandonato la linea dell’inemendabilità, occorre rispondere con convinzione che fare i conti con l’arroganza e l’arbitrio con cui la legge sulla scuola è diventata tale (e pertanto con il principio di realtà che comunque questo comporta) non significa aver rimosso i motivi e le ragioni di un dissenso e di una avversità totali nei confronti del testo. Piuttosto – con responsabilità e senso dell’istituzione dello Stato per la quale ciascuno offre il proprio contributo e determina una parte della propria identità individuale e collettiva – il movimento che si è creato insisterà sulle strategie di lotta e di affermazione delle proprie ragioni.
Perciò, mentre gli Autoconvocati di molte città italiane hanno convocato assemblee a partire dal 31 agosto; mentre è prevista per l’11 settembre la assemblea unitaria delle RSU di molte sigle sindacali; mentre Cobas ed Unicobas hanno da tempo elaborato proposte di delibere per orientare i collegi docenti sul boicottaggio della legge 107, le date del 5 e 6 risultano ancor più significative; perché vedranno tutti i protagonisti – nel pluralismo, nella democrazia, nella condivisione e nel rifiuto di egemonie e primazie – di una battaglia collettiva e condivisa, in vista di un obiettivo – la cancellazione di fatto della norma – che tutti noi abbiamo ben presente. E, al tempo stesso, operativamente e ancora una volta per rifiutare l’idea che la scuola sappia dire solo dei no, la riproposizione – plurale, collettiva, partecipata – di un’idea di scuola – quella della Lip – che tenga conto del tempo che è trascorso da quando quel testo fu scritto; ma sempre e più che mai – nella nuova stesura che tutti insieme ci accingiamo a farne – dell’attualità del dettato costituzionale che lo ispirò e continuerà ad ispirarlo.
Marina Boscaino