Scuola. Giusto parlare di merito ma solo se prima viene l'equità
Francesca Puglisi - Responsabile nazionale scuola PD
In questi giorni, avendo lettole ipotesi di decreto sulle «misure per la valorizzazione dei capaci e meritevoli» proposte dal ministro Profumo, il Pd ha espresso la propria contrarietà alla visione di una scuola competitiva e selettiva. Ciò non significa che siamo “contro il merito”. Crediamo che ci sia bisogno di un maggior riconoscimento del merito nella società italiana. La verità è che le teste eccellenti ci sono, perché gli studenti meritevoli sono già valutati dagli insegnanti. Questo accade in queste ore durante gli scrutini. Ma poi è la società, non la scuola, a dover valorizzare il merito e l’impegno dei ragazzi e delle ragazze, per permettere al Paese tutto di crescere avvalendosi di quelle competenze e conoscenze maturate sui banchi.Ache serve eccellere a scuola e all’Università se il merito non viene poi riconosciuto quando si seleziona il direttore di una Asl o il manager pubblico, se i progetti di ricerca non vengono finanziati, se le professioni si ereditano per via familiare o per via amicale? Che esempio di merito ha dato lo scorso anno lo Stato licenziando, perché precario, l’insegnante che aveva premiato come «migliore dell’anno»? Possiamo produrre attraverso “master class estive” per i vincitori di Olimpiadi internazionali di matematica, tanti piccoli geni che arrivati al dunque, non vedendo riconosciuto il proprio merito, fuggiranno con le loro conoscenze ad arricchire un altro Paese? È dunque lontana anni luce dal Pd l’idea della scuola che assolve i fannulloni e che livella verso il basso. È chiaro però che per premiare chi merita, occorre offrire a tutti le stesse opportunità. Il ministro Profumo sa bene che l’Italia è il Paese dei divari territoriali e sociali: un bambino nato al Nord partirà con un vantaggio di 68 punti nelle competenze Ocse-Pisa rispetto ad uno studente del Sud, che tra carenza di servizi educativi 0-6 anni e mancanza di scuole a tempo pieno avrà complessivamente frequentato due anni di scuola in meno. La Fondazione Agnelli rileva «lo svantaggio sistematico, nella carriera scolastica, dei figli delle classi sociali più basse». Il rapporto GoingforGrowth2010, nel capitolo intitolato «Mobilità sociale intergenerazionale: un affare di famiglia?» indica che in Italia il figlio di un professionista ha il 60 per cento di possibilità in più di laurearsi rispetto al figlio dell’operaio. Nei Paesi in cui si registra una minore mobilità sociale, come l’Italia, si limita la produttività e la crescita economica. Infatti l’Unione europea non chiede al nostro Paese di sfornare più eccellenze all’anno,madi alzare complessivamente il livello di istruzione della popolazione, dimezzando la dispersione scolastica e raddoppiando la percentuale di giovani laureati entro il 2020. Invece le immatricolazioni, complici i tagli al diritto allo studio e la crisi patita dalle famiglie, anche quest’anno sono calate del 10%. Abbiamo elogiato la scelta del ministro di investire in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria 500 milioni di euro per progetti di lotta alla dispersione e altri 400 milioni per innovare la didattica attraverso le nuove tecnologie. Ma quei 30 milioni di euro che si vorrebbero dedicare per «coltivare le eccellenze» a scuola, in un momento di ristrettezze economiche, potrebbero essere utilizzati per aprire 300 nuove sezioni di scuola dell’infanzia, per mandare a scuola 7500 bambini e bambine, che altrimenti saranno costretti a restare a casa. In tutto il Paese stanno esplodendo le liste d’attesa. L’Europa ci dice che, seppure non dell’obbligo, anche quella dell’infanzia è scuola e che è fondamentale per recuperare gli svantaggi di partenza e accrescere le chance di successo formativo e scolastico. La visione della scuola che serve all’Italia è lo specchio di ciò che vogliamo per il Paese. Noi pensiamo che non ci sia merito senza equità. Per noi la scuola deve lavorare per recuperare divari e svantaggi, far avere a ciascuno studente, non uno di meno, adeguati livelli di apprendimento, conoscenza e competenza per continuare ad apprendere per tutta la vita e per potersi confrontare con i propri coetanei europei in uno scenario globale. Questo prevedono in sintesi anche le indicazioni per la scuola del primo ciclo elaborate dalla Commissione Ceruti durante l’ultimo governo di centro sinistra. L’Università, supportata da un solido sistema di diritto allo studio per «i capaci e meritevoli, ma privi di mezzi» come chiede l’articolo 34 della Costituzione, deve selezionare in base al merito gli studenti. È lì che bisogna selezionare ingegneri che non facciano cascare ponti o medici che non compiano errori in sala operatoria. Non arretriamo davanti al dibattito aperto dal ministro Profumo che sta facendo discutere insieme a noi intellettuali e tutto il mondo della scuola. Ma chiediamo di far diventare almeno le norme sulla scuola, un disegno di legge che possa essere esaminato e modificato dal Parlamento, poiché anche noi, come il ministro, crediamo molto negli organi collegiali