Scuola, oggi fa lezione un fiore
Perché le piante in aula aiutano gli studenti ad apprendere e a stare meglio
Stefano Mancuso
Che la presenza delle piante nelle scuole sia di aiuto a studenti e insegnanti, oltre che semplice buon senso, è materia sulla quale negli ultimi anni la ricerca ha prodotto risultati strabilianti. Numerosi studi hanno dimostrato che in presenza di piante gli studenti sono più concentrati, cordiali, con livelli migliori di pressione sanguigna durante lo svolgimento dei compiti, più creativi e più calmi. Io stesso, ormai vent'anni fa, constatai in una scuola elementare che in presenza di piante i bambini erano in grado di risolvere un test di attenzione in tempi più brevi. Potrei continuare: gli effetti sulla qualità dell'aria che si respira in classe, la socialità fra i ragazzi, la percezione della natura, il rendimento scolastico e il comportamento degli studenti; non esistono che vantaggi ad avere piante nelle aule.
Qualche anno fa uno studio condotto in Norvegia mostrava che l'introduzione di un certo numero di piante nelle aule, in pochi mesi, aveva un effetto significativo sulla salute degli alunni: 47% di mal di testa in meno; un calo del 37% nel mal di gola; meno sintomi di raffreddore. Vi dice nulla? A me sembrerebbe qualcosa che, a un costo irrisorio (poche decine di euro per aula), potrebbe valere la pena provare in tempi di pandemia. E invece, con puntualità, anno dopo anno, le scuole di ogni ordine e grado, partendo dagli asili nido fino alle scuole di dottorato, rimangono immancabilmente e pervicacemente impermeabili alle piante.
Nulla di vegetale sembra essere autorizzato ad esistere nelle aule, nei corridoi, nelle biblioteche, nelle sale riunioni, negli studi di una qualsivoglia istituzione scolastica. Se non fosse che per poche, pallide piantine che con amorevoli sforzi qualcuno cerca clandestinamente di far crescere sui davanzali dei propri uffici, i nostri edifici scolastici sarebbero rigorosamente privi di piante.
Posso assicurare che nel corso della mia vita, da quando ormai oltre cinquant'anni fa misi piede nella mia prima aula di asilo, non ho mai - dico mai - visto una sola aula che possedesse alcunché di assimilabile al mondo vegetale (no, le muffe, lo ricordo ai più maliziosi fra di voi, non sono vegetali, sono funghi). In alcune aule universitarie in cui ho insegnato erano elegantemente esposte dentro a eleganti vetrine meravigliose riproduzioni di piante o di loro parti; talvolta, nell'occasione di insegnamenti in cui era richiesto il riconoscimento delle specie, alcune porzioni di pianta (di solito rami con o senza foglie) riuscivano a varcare la fatidica soglia dell'aula, ma mai alcuna pianta viva è stata presente insieme a me all'interno di un'aula di studio. E non crediate che sia solo una questione italiana. Si tratta di una regola ferrea: è più facile trovare gabbie con uccelli (mi è successo in Giappone), acquari (abbastanza comuni nelle aule del Nord Europa), addirittura cani e gatti (India), che una singola piantina.
Ora, non ho alcun dubbio che da qualche parte nel Paese esistano scuole dove qualche insegnante sovversivo e sprezzante del pericolo ha, di sua spontanea volontà, portato piante in aula, ma si tratta, con ogni evidenza, di azioni saltuarie, evidentemente ispirate da una predisposizione del docente verso l'anarchia. La regola non scritta è una sola e semplice: le aule devono essere prive di qualunque forma di vita vegetale. Soltanto negli ospedali si trova una altrettanto inflessibile disciplina anti-vegetale.
E allora cosa aspettiamo? Non c'è bisogno del Recovery Fund per migliorare l'esperienza scolastica dei nostri studenti. Copriamo di piante le nostre scuole. Possiamo farlo da soli.