Scuola, molti prof d'accordo sulla pensione. E la petizione fa il pieno di firme
Ventiduemila adesioni per la richiesta rivolta al premier Matteo Renzi. Ancora da risolvere il problema dei 4mila "quota '96". E la nostra è la classe docente più anziana, impegnata in un lavoro sempre più logorante
Salvo Intravaia
Fino ad oggi, la petizione online lanciata da Mila Spicola sul prepensionamento degli insegnanti ha raggiunto 22mila adesioni. Un numero destinato sicuramente a crescere visto che gli insegnanti over 60 attualmente in servizio sono tantissimi e che una consistente fetta non vede l'ora di togliere il disturbo. Per rendersene conto basta fare un giretto nei corridoi di qualsiasi scuola. I 4mila "quota '96" - coloro che sono stati bloccati dalla riforma Fornero con i requisiti per andare in pensione già maturati: 35 anni di servizio e 61 anni di età o 36 anni di servizio e 60 anni - sono alla ricerca di qualcuno che comunichi loro la fine dell'attesa.
E poi ci sono gli insegnanti over 50 - che in Italia abbondano davvero, visto che ammontano al 62 per cento del totale - che quando sono entrati di ruolo potevano lasciare la cattedra a 54 anni, ma che adesso si ritrovano imbrigliati in un lavoro sempre più stressante fino a 67 anni: ben 13 in più rispetto a quanto ipotizzato all'inizio della carriera. Un'eternità.
Diversi partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano intenzionati a trovare una soluzione per il pasticcio dei Quota 96, generato dalla riforma delle pensioni. Ma anche all'interno del Pd, e del governo, sono parecchi coloro che si mostrano sensibili verso le ragioni dei prof che raccontano di una fatica del lavoro quotidiano in classe che si trasforma in realtà controproducente per l'insegnamento.
La Spicola, oltre ad essere insegnante, è anche componente della direzione nazionale del Pd di Renzi. E pur non essendo esclusivamente rivolta alla classe docente, qualche giorno fa, anche il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha avanzato la proposta di una staffetta generazionale per inserire i giovani nel mercato del lavoro. Una eventualità che interessa da vicino i docenti che rappresentano circa un terzo degli impiegati pubblici italiani. Proposta che ha suscitato le critiche proprio del ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, che non vorrebbe innescare conflitti generazionali.
Ma resta il fatto - e la petizione pare testimoniarlo - che la vita in classe è particolarmente stressante. E che l'Italia, secondo l'Ocse, è il paese al mondo con la classe docente più anziana in cattedra. Vittorio Lodolo D'Oria, medico, già componente del collegio medico per l'inabilità al lavoro di Milano, se n'è accorto da tempo. Pubblicando articoli scientifici e saggi sulla maggiore esposizione al burnout - alla malattia psichiatrica - dei docenti italiani rispetto alla media dei pubblici dipendenti. Un fenomeno di cui si accorgono ogni giorno anche i genitori. "Ma come fate con 28 bambini in classe?", si sentono dire sempre più spesso le maestre della scuola dell'infanzia dagli stessi genitori.
I più provati sono proprio gli insegnanti della scuola materna e di quella elementare. La petizione chiede al premier Matteo Renzi di prevedere che, "su base volontaria, i docenti di 60 anni (e perché no, anche 58) possano optare per modalità di prepensionamento o per meccanismi di riconversione ad altre funzioni strumentali all'insegnamento o alla gestione scolastica interne alla scuola, attuando una diversificazione nella carriera dei docenti e una funzionalizzazione del management scolastico che all'estero è norma e da noi non esiste".
E sono bastati pochissimi giorni per raccogliere il favore di migliaia di insegnanti italiani. Gli oltre 22mila like alla proposta di prevedere una via d'uscita anticipata per coloro che volessero percorrerla potrebbero sembrare pochi rispetto agli oltre 700mila docenti della scuola nostrana. Ma rappresentano una percentuale considerevole - oltre il 30 per cento - rispetto ai circa 60/70 mila maestri e professori italiani over 60. Una quota eccessiva per qualsiasi sistema formativo al mondo, che di ultrasessantenni ne conta in media la metà. E che fa leva su giovani insegnanti - under 30 - che in Italia rappresentano una specie da proteggere: appena lo 0,27 per cento, poco più di 2mila.