Scuola materna, cala il numero dei bambini iscritti
Dossier Openpolis: restiamo sopra il 90 per cento, come richiesto dall'Unione europea, ma in nove stagioni abbiamo perso 4,5 punti. Sugli asili nido, invece, siamo sotto il 33 per cento raccomandato
Corrado Zunino
L'Italia dalle scuole materne "esempio in Europa" è in difficoltà. Da almeno sei anni, ma segnali di arretramento sui livelli del servizio offerto nella fascia 3-5 anni si vedono dalla stagione 2007-2008. Il nostro Paese, secondo l'analisi "Il ruolo educativo e la presenza dell'infanzia" realizzata su fonti aperte dall'Associazione Openpolis, sostiene che le strutture offerte nella fascia di età della materna restano - come richiesto dal Consiglio europeo di Barcellona nel 2002 - sopra il 90 per cento, ma arretriamo.
Secondo gli ultimi dati, testati da Eurostat a maggio 2018, sul paramento scuola dell'infanzia siamo noni in Europa con il 92,6 per cento dell'offerta. Nella classifica il Belgio è in testa (con una percentuale prossima al 99 per cento), poi vengono la Svezia al 96,6 per cento e la Danimarca al 95,9. La Francia e la Spagna ci precedono, la Germania ci segue. Il Regno Unito è quint'ultimo, quindici punti al di sotto della media europea. Chiudono la graduatoria "accoglienza dell'infanzia" la Grecia (55,6 per cento) e la Croazia (51,3). Va ricordato che, per aumentare la presenza di scolari alla pre-primaria e per consentire un approdo alla prima elementare omogeneo per tutti i bambini, alcuni Paesi europei hanno deciso di rendere questa fascia di istruzione - l'infanzia - obbligatoria. In Italia sotto il Governo Renzi nel 2015 si è attuata la riforma cosiddetta 0-6, che, tuttavia, in molte regioni deve ancora mostrare i suoi frutti.
C'è una seconda classifica, però, e questa è detta Bes, che calcola la percentuale di bambini iscritti tra i 4 e i 5 anni. Anche qui siamo sopra il novanta per cento, ma in dieci stagioni abbiamo perso quattro punti e mezzo passando dal 95,6 per cento del 2008 al 91,1 del 2017. In particolare, la tendenza negativa si manifesta dalla stagione 2012-2013, la coda della grande crisi economica che ha coinvolto il mondo e fragilizzato l'Italia.
Nella classifica "4-5 anni" l'area del Paese che soffre di più è quella centrale (80,9 per cento), leggermente al di sotto sui valori assoluti dello stesso Sud (90,1 per cento). Nel periodo 2010-2014 il numero di bambini in età da scuola dell'infanzia, tuttavia, è diminuito soprattutto nel Sud e nelle Isole, mentre è aumentato nel Centro-Nord. Si sono registrati incrementi consistenti nelle province emiliane (Parma +6,26 per cento; Ravenna +3,68, Piacenza +3,24, Bologna +3), nel Lazio (Latina +3,91 per cento, Viterbo +3,77; Frosinone +3,75); in alcune province della Toscana (Siena +4,42 per cento; Pisa +4; Grosseto +3) e in altre realtà come Rovigo (+4,9), Cuneo e Varese (+3), Mantova (+2,75), Monza (+2,66).
Nel Mezzogiorno in calo demografico si segnala la crescita di iscritti in alcune province sarde, in particolare Medio Campidano (+4,7 per cento) e Olbia Tempio (+3). Nella maggior parte del Sud, invece, il dato decresce in modo consistente. Così come in alcune realtà della Liguria, del Veneto e nelle province di Sondrio, Biella, Verbano-Cusio-Ossola.
Sul fronte degli asili nido - 0-3 anni -, infine, non siamo mai riusciti a soddisfare il target del 33 per cento di offerta nel Paese.