Scuola, manifestazioni in tutta Italia. «Contratti e stipendi da rivedere»
Alla protesta contro la legge di riforma della scuola, si associa il dissenso per le risorse stanziate per compensare il blocco degli stipendi: esigue, dicono i sindacati. Che sono pronti a organizzare un nuovo sciopero generale come quello del 5 maggio scorso
Valentina Santarpia
Manifestazioni in tutta Italia oggi contro la riforma della scuola. I sindacati Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Fgu Gilda Unams hanno indetto manifestazioni locali che puntano a tenere alta l’attenzione sulla protesta contro la legge 107, la riforma della scuola varata dal governo Renzi, e sul rinnovo del contratto, scaduto da sette anni. Cortei in molte città: a Roma da piazza della Repubblica a piazza Santi Apostoli; a Napoli corteo verso la prefettura in piazza del Plebiscito animato con ogni forma di strumento a percussione, anche improvvisato; un incontro pubblico con i cittadini a Trieste; a Venezia, in Campo S.Geremia, festa con informazione, musica, pane e salame; un corteo con lo slogan «...sbrogliamo la matassa» si snoderà per le vie di Ancona; in Umbria volantinaggio in occasione di Eurochocolate 2015; volantinaggio pure in tutte le scuole del Molise; fiaccolata, corteo e concerto finale a Bari; doppio appuntamento in Sicilia: a Palermo, davanti al teatro Massimo, è previsto un gazebo e un palco dove si alterneranno interventi di sindacalisti e musica dal vivo; analoga staffetta a Catania, in piazza Vincenzo Bellini.
Il dissenso: «Pronti allo sciopero»
L’obiettivo delle manifestazioni, che vengono a pochi giorni dal sit-in organizzato dagli Ata (collaboratori tecnico-amministrativi) e dall’assemblea dei dirigenti, è quello di «lanciare unitariamente al governo un messaggio molto chiaro – si legge nel comunicato ufficiale- Dare più valore al lavoro della scuola è un’assoluta priorità», come si legge nel comunicato. E’ lo stesso principio che da mesi sta muovendo le sigle sindacali, che si sono schierate compatte - a partire dallo sciopero del 5 maggio scorso - contro una legge considerata inadatta a soddisfare i veri bisogni della scuola: secondo i sindacati, la 107 non valorizza le professionalità della scuola, ha assunto migliaia di docenti ma lasciato fuori migliaia di altri meritevoli di essere stabilizzati, ha dato troppi poteri al preside e poca importanza ai collaboratori tecnico-amministrativi. «Una legge che sta solo creando grande subbuglio nelle scuole», rileva Mimmo Pantaleo, segretario generale della Cgil scuola, che ritiene che anche i tavoli di lavoro al ministero, istituiti per dare forma alle deleghe e ai decreti attuativi, siano inutili sfilate di argomenti: «Parliamo, ma non prendono in considerazione le nostre opposizioni». «Non si capisce - incalza Francesco Scrima, Cisl - come faccia la ministra Giannini a dire che nella scuola tutto va per il meglio, con un avvio d’anno segnato come non mai da difficoltà e disfunzioni di vario genere». Nel mirino anche le modalità di assunzioni dei precari: la Uil Napoli, per ironizzare, ha lanciato un «gratta e vinci» sulla fase B del piano di immissioni in ruolo. Lungi dall’essersi placato, il dissenso dunque continua: e potrebbe presto prendere forma in un nuovo maxi sciopero generale. Per ora a proclamarlo sono già stati i Cobas, per il 13 novembre, ed è possibile che anche gli altri sindacati si associno.
L’incognita della legge di stabilità
Soprattutto se dovessero essere confermate le indiscrezioni sui nuovi tagli in arrivo al mondo della scuola (325 milioni) nella prossima legge di Stabilità. A pesare è anche la cifra che, sempre nella manovra finanziaria, viene stabilita dal governo per recuperare in parte il blocco degli stipendi: 300 milioni, ritenuti, inadeguati a compensare un gap, quello degli stipendi degli insegnanti italiani rispetto a quelli europei, che sta raggiungendo vette imbarazzanti, come dimostra l’ultimo rapporto Eurydice. Lo stipendio italiano è compreso tra i 23.048 euro lordi nella scuola primaria e dell’infanzia ai 38.902 euro della secondaria di secondo grado. In Spagna un insegnante raggiunge un reddito di 46.513 euro, in Francia 47.185 euro, in Germania anche 70mila euro. «Il Governo non faccia orecchie da mercante. Rinnovi il contratto per ridare la giusta dignità al lavoro nella scuola», ha scritto nel suo profilo twitter la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan.