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Scuola-lavoro e digitale dimezzati dal governo. Protestano gli istituti tecnici

Dalle Marche alla Brianza la delusione di docenti e presidi degli istituti tecnici . «I tagli previsti nella Legge di Bilancio danneggiano gli studenti nostri istituti che grazie all’alternanza diventavano più appetibili da parte delle aziende»

07/11/2018
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Corriere della sera

Giancarlo Marcelli

Nella legge di Bilancio 2019 il settore istruzione subisce una sforbiciata complessiva dello 0,1 per cento. Fra i tagli alla spesa, una voce consistente è rappresentata dal drastico ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro. Dopo la falsa partenza di tre anni fa, fra contestazioni in piazza e molte, troppe improvvisazioni, pian piano, anche grazie alla costituzione di un registro nazionale delle aziende convenzionate, l’esperienza dell’alternanza aveva ormai preso piede nelle scuole, anche se con esiti diversi a seconda del contesto socio-economico di riferimento. Ora, il governo giallo-verde ha deciso di più che dimezzare gli stage riducendo i fondi a disposizione delle scuole. Ecco perché molti istituti tecnici sono scesi in campo per difendere un’esperienza a loro giudizio utile anche in vista dei possibili sbocchi lavorativi dei loro alunni. Di seguito pubblichiamo due interventi giunti alla redazione online di Corriere Scuola.

Difendiamo il piano nazionale scuola digitale

(di Giancarlo Marcelli*) Sembra che importi poco alla stampa lo stato di salute delle scuole, visto che assiste passivamente alle proposte redatte nella legge di bilancio in discussione relative alla vita delle autonomie scolastiche e di ricerca. Due temi particolarmente importanti vengono presi in considerazione, quello dell’alternanza e quello del piano nazionale di scuola digitale. Per l’alternanza si contraggono fortemente le ore previste nella legge 107, da 400 per i tecnici e professionali a rispettivamente 150 e 180; da 200 per i licei a 90, nelle misure di razionalizzazione della spesa pubblica (art. 57 comma 18), quale specifico segnale di contrazione al comma 20 delle risorse assegnate per tale attività dalla legge 107, pari a 100 milioni l’anno a partire dal 2016. Analogo trattamento per il piano nazionale di scuola digitale che ben articolato nella legge 107 fra iniziative innovative, laboratori territoriali, progetti di utilizzo delle strutture scolastiche laboratoriali, viene sostituito con l’esonero di un numero massimo di 120 docenti, individuati dal MIUR per promuovere iniziative formative e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative, attraverso l’utilizzo delle risorse assegnate al piano nella legge precedente. 
Alcune riflessioni sono allora necessarie: la prima la dedico all’alternanza scuola lavoro, esigenza funzionale delle scuole tecniche e professionali che prima della legge 107 ne reclamavano valore e finanziamenti. Le 400 ore individuate, suddivise in 3 anni (mediamente 4 ore a settimana, pari all’area dell’approfondimento dei professionali) erano un segnale preciso di connessione con il mondo del lavoro, cui la scuola non può esonerarsi dal guardare. Originale, ma fortemente osteggiata, la scelta delle 200 ore assegnate al triennio conclusivo dei licei, nella convinzione miope di una scuola che vive solo fra le sue mura e non guarda con attenzione l’esterno. Un gran peccato che riduce il valore sociale della scuola. 
Per il piano nazionale della scuola digitale nasce il sospetto dedicato ai 120 docenti di cui accennavo, che forse servono a qualche pratica contrattuale, ma niente alla scuola dell’autonomia che ha competenze al suo interno più raffinate del citato contingente. Spero allora che in un sussulto di vero cambiamento la scuola, il lavoro e la ricerca vengano recuperate come temi ideali da sostenere e non mortificare nella «razionalizzazione della finanza pubblica». 
*Dirigente Scolastico IIS Merloni Miliani Fabriano e ITCG Antinori Camerino

La doccia fredda dell’alternanza ridotta a un terzo

(di Anna Rosa Besana, Rossella Gattinoni e Gennaro Malafronte*) Ogni inizio d’anno scolastico vede sempre profilarsi all’orizzonte qualche novità o qualche riforma di una riforma che poi sarà compito dei docenti realizzare. Nella legge di bilancio emerge come, in corso d’anno, con progettazione già fatta e presentata alle famiglie, l’esperienza di alternanza scuola lavoro (ASL) venga significativamente ridotta. Che la riforma della Buona Scuola non piacesse a molti docenti è risaputo. Ma dopo il subbuglio iniziale e le perplessità sull’efficacia dell’alternanza scuola-lavoro soprattutto nei percorsi liceali, tutti - o almeno chi continua a credere nella scuola e sono molti - si sono messi al lavoro. Contatti con enti, associazioni, aziende che potessero effettivamente contribuire al percorso formativo dei ragazzi e poi convenzioni, informative alle famiglie, inserimento in piattaforma e tanta, ma davvero tanta, burocrazia hanno segnato questi anni da pionieri dell’alternanza. Finalmente una certa stabilizzazione dell’iter ed ecco la doccia fredda. Se guardiamo alla riforma dell’ASL nella legge di bilancio che il governo si sta apprestando a varare vediamo che si tratta di una pura operazione di taglio dei fondi. La riforma non elimina l’ASL, d’altra parte come si potrebbe argomentare contro il tentativo delle scuole superiori, soprattutto tecniche e professionali, di aprirsi al mondo del lavoro? Ma mina alle fondamenta l’impianto didattico dell’alternanza scuola-lavoro perché quello che verrà praticato sarà un taglio di fondi molto consistente e che andrà a penalizzare soprattutto gli istituti tecnici. Per questi ultimi la riduzione del monte ore e del corrispondente budget sarà percentualmente maggiore di quella prevista per i licei e per gli istituti professionali; infatti per i tecnici si andrà da 400 ore a 150 (-62.5%), mentre per i licei si passerà da 200 ore a 90 (-55%) e per i professionali da 400 ore a 180 ore (-55%). 
Questo aspetto è didatticamente e strategicamente inspiegabile considerando che gli istituti tecnici sono nati per formare quelle figure professionali, altamente qualificate, che il mondo del lavoro richiede con grande insistenza. Supportare il lavoro ASL potrebbe essere una mossa economica vincente per il futuro del paese. Se guardiamo all’esperienza fatta dalle scuole del territorio, non solo la nostra, ci vengono in mente progetti bellissimi, nati dall’entusiasmo dei ragazzi e da un lavoro non convenzionale dei docenti, che va ben al di là di quello che è comunemente considerata la prassi didattica che, in molti casi, ha tratto beneficio dalla collaborazione con le aziende del territorio. Invece l’esperienza maturata in questi anni non verrà neppure presa in considerazione durante l’Esame di Stato: dov’è il rispetto del lavoro di docenti ed alunni?
Nell’indirizzo tecnico del nostro Istituto, grazie all’ASL, alcuni studenti brillanti hanno iniziato un’esperienza che li ha portati a lavorare e contemporaneamente a studiare all’università. Molti altri appena diplomati hanno trovato subito lavoro perché al primo colloquio hanno dimostrato quello che sapevano fare e hanno raccontato quello che facevano a scuola. Questi ragazzi non sempre erano quelli bravissimi, adatti a studi liceali e spesso non provenivano da famiglie benestanti (alcuni erano immigrati), ma sono diventati bravissimi nel loro campo e in questo sta tutto il senso di una scuola che fa il suo dovere. Da alcuni anni molte aziende si rivolgono direttamente al nostro istituto per cercare neodiplomati da assumere e il motivo di ciò non è soltanto dovuto a una congiuntura economica positiva nella nostra regione, ma anche alla credibilità che il nostro Istituto si è conquistata negli anni dimostrando di saper fare una didattica al passo con i tempi e insegnando quelle competenze che le progettualità di ASL hanno potenziato e che ora vengono private di una quota consistente di finanziamenti. 
*docenti dell’IISS Greppi di Monticello (Lecco)


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