Scuola, la pandemia accelera l’uso dei fondi Ue: speso il 90% delle risorse
L’esigenza delle scuole e degli enti locali di avere risorse fresche da investire per la didattica a distanza prima e per il ritorno in classe poi hanno portato a un’accelerazione della spesa, con 556 milioni “sbloccati” da quando la pandemia globale ha colpito il nostro Paese
Eugenio Bruno
Nel momento in cui l’Italia si candida a ricevere 196 miliardi dal Recovery Plan ogni buona notizia sulla gestione dei fondi europei è di per sé rilevante. Un esempio in tal senso arriva dal ministero dell’Istruzione e dal programma operativo nazionale (Pon) «Per la scuola»: su 2,73 miliardi di dote per il 2014-2020 ne risultano impegnati oltre 2,47. Decisivo, anche se fa male dirlo, si è rivelato il Covid-19. L’esigenza delle scuole e degli enti locali di avere risorse fresche da investire per la didattica a distanza prima e per il ritorno in classe poi hanno portato a un’accelerazione della spesa, con 556 milioni “sbloccati” da quando la pandemia globale ha colpito il nostro Paese. Numeri che soddisfano particolarmente la ministra Lucia Azzolina: «Le risorse europee rappresentano una grande opportunità per innovare e migliorare la scuola. Quest’anno - dice al Sole 24 Ore del Lunedì - abbiamo accelerato la spesa approvando ben 17mila progetti in pochi mesi per un totale di oltre 500 milioni investiti. Con le ulteriori risorse ancora disponibili lavoreremo implementando ulteriormente la formazione del personale amministrativo per supportarlo nel gestire sempre meglio la progettazione europea anche in vista del Recovery Fund».
Fondi impegnati al 90 per cento
I numeri del «Pon per la scuola», che in parte anticipiamo qui, saranno presentati stamattina nell’evento annuale “Le storie del Pon per la mia scuola”: l’evento sarà fruibile a partire dalle 11.30 sul canale Youtube del ministero dell’Istruzione e servirà a lanciare anche il portale ilponperlamiascuola.istruzione.it. Dei 2,73 miliardi totali a disposizione di viale Trastevere - di cui 1,87 miliardi provenienti dal Fondo sociale europeo (Fse), con cui rafforzare le competenze degli studenti e combattere la dispersione scolastica, e altri 860 milioni del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), destinati invece al miglioramento degli ambienti di apprendimento e all’edilizia scolastica - ne risultano al momento impegnati 2,43 (pari al 90,4%), ripartiti tra 64mila progetti. E anche per gli altri 260 milioni - da utilizzare entro il 2023 - c’è già un’idea di destinazione. Si punterà, oltre che sulla formazione del personale amministrativo citata dalla ministra, anche sul’aggiornamento al digitale di docenti e studenti.
L’accelerazione causata dal Covid
Per i fondi Ue destinati all’istruzione il coronavirus si è trasformato in un’opportunità. Per ammissione dello stesso ministero il Covid-19 ha portato a una «drastica accelerazione» della capacità di spesa. Tra marzo e giugno sono stati riprogrammati 730 milioni di spesa e al momento ne risultano impegnati 556, ripartiti tra 17mila progetti. La fetta più ampia è andata agli interventi leggeri di edilizia scolastica (adeguamento degli spazi e acquisto di arredi) con 330 milioni di euro. Lo stato di avanzamento dei progetti, che devono concludersi entro fine anno, è dell’80 per cento. Con alcune regioni più avanti (la Liguria o il Molise al 91%) e altre più indietro (la Sardegna al 51% e la Basilicata al 74). Nutriti anche gli investimenti per la digitalizzazione, con 147 milioni per la distribuzione di libri di testo e kit didattici. Oltre che per le smart class sia del primo che del secondo ciclo. In questo campo i fondi Pon sono andati a integrare gli stanziamenti straordinari (85 milioni a testa) del decreto Cura Italia e del Ristori-I, oltre alle risorse già previste del Piano nazionale scuola digitale, per l’acquisto di Pc e tablet da dare in comodato d’uso a studenti e docenti. Con circa 435mila dispositivi digitali già distribuiti e altri 200mila in arrivo a stretto giro.