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Scuola, Italia divisa in due

Divario tra Niord e Sud nella preparazione degli studenti ad ogni livello

13/07/2013
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l'Unità

Luciana Cimino

Si parla già da tempo del divario scolastico tra nord e sud. Un divario che non riguarda quello, esistente, delle strutture e degli edifici. Ma tra la preparazione diversa tra alunni di regioni differenti. Stavolta a mettere nero su bianco il gap tra le due aree del paese è proprio la prova Invalsi. E cioè il contestatissimo Servizio Nazionale di valutazione. Giovedì scorso sono stati presentati, a tempo record, i risultati dei test somministrati dal 7 maggio al 17 giugno a quasi 3 milioni di studenti, con il coinvolgimento di 13.232 scuole e 141.784 classi. Il rapporto si basa su un campione di circa novemila classi e di oltre 189mila studenti. Come già altre indagini internazionali sull'istruzione avevano evidenziato, anche dal rapporto Invalsi 2013 i dati meno soddisfacenti riguardano il Mezzogiorno. Ma anche qui il quadro non è perfettamente omogeneo perché Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata mostrano miglioramenti rispetto agli anni precedenti. Non solo: persino nello stesso territorio si rilevano differenza importanti tra scuola e scuola, molto più di quel che avviene nel resto d'Italia. Anche le regioni del Centro peggiorano nel passaggio dalla scuola media a quella di secondo grado. In seconda superiore gli studenti del Nord appaiono in vantaggio di una decina di punti rispetto al Centro e addirittura di 20-30 punti rispetto ad alcune aree del Meridione. Pur con differenziazioni a seconda del grado scolastico o dell'argomento spiccano ai primi posti la Provincia Autonoma di Trento, il Friuli, il Veneto, le Marche e il Piemonte. In fondo alla classifica invece Calabria, Sardegna e Sicilia. Allarma anche il fatto che il divario territoriale tenda a crescere lungo il corso degli studi. «Ovviamente - spiega il Ministro Maria Chiara Carrozza- i divari territoriali si collocano in un discorso generale sulla scuola che comprende la dispersione, l'edilizia, la capacità di essere una reale alternativa alla strada nelle zone disagiate. Ma è fondamentale capire che la valutazione è parte integrante di questo discorso anche se non esaurisce i problemi». Per quanto riguarda gli altri indicatori si registra il vantaggio delle ragazze sui colleghi maschi, quello degli italiani sugli stranieri e dei licei sugli istituti professionali. Le prove Invalsi fin dalla loro istituzione sono state contestate da genitori e esperti sia nel merito (servono a valutare la preparazione effettiva?) che nel merito dei test effettuati. Ma il Ministro Carrozza, durante la presentazione del rapporto, ha tentato di mettere un punto alla polemica. «Basta "guerre di religione"», dice, «occorre ragionare con suon senso e uscire da questa logica: le prove Invalsi sono necessarie ma il confronto deve restare aperto». Chiede di vederle «alla luce di questa "filosofia della valutazione", legata alla necessità di conoscere quello che facciamo e come lo facciamo, essendo ben consapevoli del fatto che non si tratta del "giudizio di Dio"». Ma Sel rimane contraria, «nessuna "guerra di religione", ma i risultati ottenuti nei test Invalsi non possono misurare gli esiti educativi complessivi di quelle scuole che riescono, spesso con risorse scarsissime, a motivare alla frequenza gli alunni più svantaggiati», dice la senatrice Alessia Petraglia, capogruppo Sel in commissione Istruzione. La Flc - Cgil, invece, se concorda con Carozza almeno sulla «parte in cui richiama l'importanza di avere un serio Sistema nazionale di valutazione», al contrario non trova condivisibile «continuare a legittimare un Regolamento sul sistema nazionale di valutazione approvato dal precedente governo già dimissionario, costruito in modo burocratico, senza nessun coinvolgimento del mondo della scuola e numerose criticità nei contenuti». Per questo la Flc - Cgil conferma le sue iniziative: «una raccolta di firme per cambiare il Regolamento e nel contempo un mandato ai legali per avviare le procedure per impugnarlo. Chiediamo al Ministro di passare dalle parole ai fatti: apra una stagione di partecipazione e di ascolto nella scuola». E ricorda al governo che «non è più rinviabile dare una soluzione ai tanti precari che lavorano presso Invalsi»


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