Scuola, il governo bocciato prova a ricucire lo strappo
Dal 2015, con lo sciopero generale, la reazione contro la riforma è stata possente. La ministra Fedeli spera ora di dare un inizio ordinato al prossimo anno scolastico. Intesa sulla mobilità sottoscritta con Flc-Cgil, Cisl, Uil scuola e Snals-Confsal
Roberto Ciccarelli
Più che uno smontaggio della Buona scuola, l’accordo sottoscritto giovedì dalla neo-ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e Flc-Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals, è una manutenzione delle sconfitte politiche di Matteo Renzi e della sua ministra dimissionata Stefania Giannini, unica non confermata nella compagine governativa che rivendica «riforme» come il Jobs Act o lo Sblocca Italia.
LA REAZIONE della scuola contro la più odiata delle riforme è stata possente: a maggio 2015, il più grande sciopero generale dell’ultima generazione; al referendum del 4 dicembre il Pd e il renzismo sono stati travolti anche dal No dei docenti. In particolare dei neo-assunti da Renzi e Giannini, sottoposti agli arbitri dei presidi manager, alla negazione della titolarità della cattedra e alla precarizzazione di una mobilità continua negli ambiti scolastici. Un affondo potente che ha portato allo sradicamento dai loro posti dei responsabili della «Buona Scuola», ma non alla sua cancellazione.
L’ACCORDO SULLA MOBILITÀ cerca di lenire le ferite provocate da una rottura voluta da uno Stato-manager che, in virtù di un algoritmo, ha deciso di esodare i docenti, soprattutto quelli delle primarie ma non solo, dal Sud al Nord, senza per questo risolvere il problema delle supplenze e il caos delle immissioni in ruolo che è continuato persino sotto Natale. La mobilità forzata non è l’unico arbitrio della «Buona Scuola», ma è diventata il simbolo della precarizzazione esistenziale, e non solo professionale, imposta da uno Stato manager e da una politica arrogante che si è mossa come un elefante in una cristalleria, dimentica delle ingiustizie prodotte in vent’anni di caos e paradossi burocratici.
LA MINISTRA VALERIA FEDELI spera così di dare un inizio ordinato al prossimo anno scolastico, sempre che ci sia ancora il governo Gentiloni a settembre, a partire da questi punti: a tutti i docenti è stata riconosciuta la stessa titolarità sulle scuole sia che lavorino nella provincia di residenza sia che vogliano tornare da fuori. Nella domanda di trasferimento potranno esprimere 15 preferenze, fino a 5 scuole e fino a 10 ambiti territoriali. Indipendentemente dall’anno di assunzione, tutti i docenti potranno presentare domanda. Quindi anche coloro che l’anno scorso sono stati assunti negli ambiti territoriali (invenzione del renzismo scolastico) potranno chiedere l’avvicinamento.
L’accordo con i sindacati ha inoltre rinviato a un tavolo tecnico i criteri – detti «oggettivi» e «trasparenti» – per la scelta dei docenti. Secondo il dogma della «Buona Scuola» doveva essere il preside manager, ora dovrebbe essere il collegio dei docenti. La deroga ai principi renziani dovrebbe essere di un solo anno. I sindacati – soddisfatti per il ritorno a una contrattazione mai avvenuta nei mille giorni al governo del «rottamatore» – sperano di ottenere una sospensione più lunga. Restano i capisaldi della «Buona Scuola», impensabile un suo rovescio in questa legislatura, si cambia la sua modulazione.
«Adesso è prioritario sottoscrivere un buon contratto sulla mobilità dimostrando il fallimento oggettivo della cosiddetta chiamata diretta, da sostituire con regole condivise» sostiene Francesco Sinopoli (Flc-Cgil). «Si interrompe così il “confino” in cui si stavano trovando i docenti titolari di ambito» (Pino Turi, Uil).
«Ora l’accordo politico dovrà essere declinato nel testo del contratto integrativo e si affronterà anche il tema della chiamata per competenze, una delle note più dolenti della Buona Scuola» (Maddalena Gissi, Cisl).
IN QUESTE ORE sono emerse anche le criticità. La Gilda non ha firmato l’intesa, pur riconoscendo la «svolta sindacale». «Non possiamo accettare che la maggior parte dei docenti sia collocata negli ambiti territoriali e sottoposta alla individuazione per competenze ovvero alla chiamata diretta» sostiene Maria Domenica Di Patre che ha proposto l’introduzione nel contratto sulla mobilità di una tabella di valutazione per eliminare ogni arbitrio da parte dei presidi. La proposta non è stata accolta. «Volevano tutto, non hanno ottenuto niente – sostiene Usb scuola – Ci chiediamo a cosa serva questa mobilità senza l’aumento del tempo scuola al sud e il ritiro dei tagli agli organici degli ultimi dieci anni, senza la massiccia trasformazione dei posti in deroga sul sostegno in posti di diritto, senza la trasformazione corposa (50000 posti) dell’organico di fatto in organico di diritto».
SODDISFATTA PARZIALMENTE Francesca Marsico, portavoce dei docenti esodati pugliesi «Nastrini rossi»: «L’accordo permetterà il rientro di un numero minimo di docenti, resteranno situazioni di disagio esistenziale ed economico: con 1300 euro è difficile pagare un affitto a Nord e mantenere la famiglia a Sud. A Sud i posti ci sono».