Scuola, il G20 compatto "Basta Dad, tutti in aula"
Delegati da tutto il mondo al summit di Catania. Il ministro Bianchi: "A settembre riaprire in sicurezza anche su bus e metro"
Ilaria Venturi
Lotta alla dispersione scolastica, in Italia sopra la media europea con punte del 30% al Sud. Significa non un alunno di meno. E tutti in classe, perché la scuola si fa in presenza. Insomma basta Dad, anche perché l’ultimo rapporto Unicef restituisce una cifra impietosa: per 168 milioni di bimbi in tutto il mondo le scuole sono state chiuse quasi un anno intero per il lockdown.
È l’Italia a guidare il G20 dell’istruzione a Catania da cui escono dichiarazioni comuni di intenti, non più marginali rispetto a summit passati perché la convinzione è che dopo il Covid investire in istruzione sia lo strumento principale per uscire dalla crisi economica generata dalla pandemia. Una crisi «già latente da tempo, dopo il grande crollo finanziario del 2008-2009, in termini di ritmi di crescita», osserva il ministro alla Scuola Patrizio Bianchi che ha guidato i lavori con il collega del Lavoro Andrea Orlando. «Questo ha fatto crescere molte disuguaglianze territoriali, sociali e di genere. E il valore simbolico di questa riunione è ancora più forte perché si fa a Catania ». La cornice è il monastero dei benedettini San Nicolò l’Arena, ora sede universitaria. Presenti l’Unesco, con l’ex ministra Stefania Giannini, l’Unicef, la Banca Mondiale, arrivano le delegazioni dell’area africana e asiatica, della Ue, Russia, Australia, Argentina, Stati Uniti. Positivo al Covid il capo delegazione indonesiano, si entra con mascherine e tamponi. La città è blindata, mentre al pomeriggio sfila a distanza il corteo di circa 300 attivisti No-G20. Scuola-lavoro, modello tedesco
Dentro si sigla un’alleanza sull’istruzione e la transizione scuola-lavoro con la volontà di creare una rete di scambio delle migliori esperienze, il sistema duale tedesco sulla formazione professionale, per dire, che ha retto meglio di tutti al Covid. E un altro obiettivo ambizioso, ricorda Orlando: ridurre del 15% i neets , i ragazzi che non studiano e non lavorano, problema accentuato in Italia e aggravato dalla pandemia. I danni sul sistema educativo e di passaggio al mondo del lavoro sono evidenti in tutti i Paesi, è come uscirne ora è idea condivisa: massicci investimenti per non lasciare indietro nessuno. Una sfida che trova sponda nelle risorse del Pnrr appena confermate all’Italia tra cui 1,5 miliardiper sanare le divergenze territoriali e altrettanti su asili nido (di cui 700 milioni già distribuiti) e scuola a tempo pieno. Risorse da usare, ricorda il ministro, e «in caso di inerzia degli enti locali, entra in campo il potere sostitutivo centrale che non vorrei usare ». Sugli insegnanti ribadisce la necessità di ripensare le carriere, «insieme ai presidi sono pagati meno degli altri» (dati Ocse).
Didattica in presenza
La didattica a distanza? «Venti Paesi convengono che bisogna riportare a scuola tutti, pur senza avere paura del digitale che può servire ad allargare le relazioni, non può sostituire i docenti e la presenza». Il come è oggetto di discussione, non sono risolti i nodi trasporti e spazi mai trovati per molti istituti per garantire il distanziamento. Il ministro rinvia al Cts e ribadisce: «L’obiettivo è tornare tutti insieme in presenza, ma la pandemia non è finita e ci vuole cautela, stiamo dialogando con la sanità. C’è un problema di trasporti. Il Cts ci darà quali sono i limiti. Dobbiamo garantire sicurezza a scuola, ma anche fuori. E organizzare le attività didattiche in modo più articolato, con strutture più presenti sul territorio ». Il riferimento è a spazi all’aperto, a una formazione laboratoriale a piccoli gruppi. Non il solo passaggio cruciale che attende il mondo della scuola in estate.