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Scuola, il caos degli accorpamenti. Famiglie in difficoltà nella scelta dell’istituto a cui iscriversi

Oltre duemilaseicento scuole in meno in tutta Italia. Un tratto di penna le ha cancellate, ora potrebbero tornare ad esistere. Sono le scuole sacrificate per il cosiddetto dimensionamento

04/01/2013
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Il Messaggero


IL CASO
ROMA Oltre duemilaseicento scuole in meno in tutta Italia. Un tratto di penna le ha cancellate, ora potrebbero tornare ad esistere. Sono le scuole sacrificate per il cosiddetto dimensionamento, l’obbligo di creare istituti con non meno di mille alunni per razionalizzare e ridurre la spesa pubblica. Un provvedimento taglia-spese che non è frutto del governo dei tecnici, ma che rientrava nella manovra Tremonti-Gelmini (la Finanziaria del 2011). Un accorpamento tra istituti che avrebbe comportato un risparmio nelle casse dello Stato di 172 milioni di euro.
LA SENTENZA
Ma una sentenza della Corte Costituzionale del giugno scorso (la 147) ha dichiarato l’illegittimità di questo provvedimento: il Governo aveva messo da parte le Regioni che pure hanno competenza in materia. E ora, alla vigilia delle pre-iscrizioni alle scuole (che devono essere fatte dal 21 gennaio al 28 febbraio e per la prima volta si potranno fare solo on line per gli alunni delle prime classi), il caso degli istituti-fantasma minaccia di provocare un caos amministrativo. Mettendo in difficoltà le famiglie che si trovano adesso a scegliere tra istituti e dirigenti che potrebbero cambiare completamente prima di settembre. La riforma del dimensionamento voluta dal governo Berlusconi è diventata effettiva da settembre con le regioni che hanno dovuto applicare le nuove norme. Non senza polemiche in quanto i tagli sono stati fatti su base numerica (il limite minimo dei mille alunni). E proteste ci sono anche per i tagli al personale, in particolare per i dirigenti scolastici e ai loro segretari.
LA CHIUSURA
La legge del 2011 ha portato alla chiusura di oltre 2.600 istituti scolastici, circa il 25% del totale (ne sono rimasti 8.092). Un taglio che ha pesato soprattutto per le scuole materne, elementari e medie che spesso sono state accorpate quasi sempre in istituti comprensivi e con numeri complessivi di alunni decisamente alti. Quasi la metà dei tagli è al sud: in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Ma anche il Lazio da un anno all’altro ha 300 istituti in meno. Cinque regioni, però, si sono rivolte alla Corte Costituzionale, che ha dato loro ragione. Il governo Monti, che nel frattempo era subentrato, di fronte alla sentenza è intervenuto prevedendo nel disegno di legge di stabilità, presentato ad ottobre, una norma in cui preannunciava una nuova intesa Stato-Regioni. Precisando che l’attuazione del dimensionamento valeva soltanto per l’anno 2012/2013. Il disegno di legge poneva parametri meno rigidi e che avrebbero permesso di «salvare» una scuola su due, altrimenti destinata a scomparire o a fondersi con una più grande. Un comma che accontentava tutti, Regioni e sindacati. Ma che è stato stralciato al momento dell’approvazione della legge. «Non sappiamo i motivi per cui il comma è stato stralciato – denuncia Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, associazione sindacale della scuola –. Rischiamo che atti firmati da un dirigente non sono validi». L’Anief ha presentato una diffida alle regioni. Altrimenti «sarà necessario ripercorrere le vie giudiziarie».
Alessia Camplone


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