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Scuola ER-Un primo rapporto regionale sul biennio integrato

Un primo rapporto regionale sul biennio integrato La ricerca si è concentrata sul 'grado di integrazione' e sugli esiti del primo anno di sperimentazione e di scuola superiore, svolto appunto in i...

15/12/2004
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Un primo rapporto regionale sul biennio integrato

La ricerca si è concentrata sul 'grado di integrazione' e sugli esiti del primo anno di sperimentazione e di scuola superiore, svolto appunto in integrazione tra le due strutture.

Il processo di integrazione tra istruzione e formazione professionale che nella nostra regione interseca l'applicazione della nuove legge regionale e la sperimentazione, voluta da un'intesa con i ministeri interessati, che porta, dopo un triennio, al conseguimento di una qualifica riconosciuta sia sul fronte scolastico che formativo, ha avuto il suo primo rapporto.
I progetti avviati nello scorso anno scolastico sono stati 72 ed hanno coinvolto 62 istituti scolastici, per la maggior parte professionali e tecnici e 44 enti di formazione; la ricerca si è concentrata sul 'grado di integrazione' e sugli esiti del primo anno di sperimentazione e di scuola superiore, svolto appunto in integrazione tra le due strutture.

L'obiettivo, si sa, è quello di motivare ed orientare le persone attraverso l'arricchimento e la qualificazione dell'offerta formativa, anche al fine di prevenire e quindi contenere la dispersione.

Trattandosi di una fase di avvio si è scontata sia la mancanza di tempo per distribuire l'intervento lungo tutto l'anno scolastico, sia le difficoltà burocratiche e organizzative per poter offrire al medesimo la necessaria flessibilità e autonomia pedagogico '#8211; didattica.

Al termine di questa prima fase la contabilità che di solito si fa per indicare gli esiti del percorso scolastico fa rilevare che non vi è molta differenza tra corsi normali e sperimentali, mentre se si considerano i punti di partenza si può senz'altro constatare che le classi sperimentali hanno registrato un concentrato di 'alunni '#8211; problema'; da ciò si ricava dunque che per arrivare allo stesso risultato c'è stata una maggiore qualità nell'intervento: hanno scelto il percorso integrato coloro che erano avviati alla formazione professionale, con un consistente numero di soggetti stranieri e disabili. Comunque nelle province che hanno avuto condizioni di funzionamento più distese e favorevoli la percentuale dei promossi aumenta sensibilmente.

Un primo elemento significativo è che quindi l'integrazione si è rivelato un 'contenitore' efficace, ed il dato della iscrizione quasi massiccia degli alunni al secondo anno del percorso integrato lo conferma. Ciò contrasta la tesi secondo la quale all'interno dei percorsi integrati si evidenzierebbe una sorta di 'dualismo pedagogico' che tenderebbe a gerarchizzare le diverse 'culture formative' .

Dal punto di vista degli apprendimenti occorre avere dati più rappresentativi e quindi attendere magari la fine di questo anno, in cui si compie il percorso biennale, utilizzato da tanti progetti come arco temporale in cui tirare le fila di un percorso più disteso all'interno del quale sia possibile massimizzare l'offerta. Quest'anno infatti oltre alle seconde classi sono sensibilmente aumentate anche le prime e nuovi partenariati si sono costituiti, fino ad oltrepassare i cento progetti.

Ci sono dunque gli elementi per cercare di invertire la tendenza, cioè quella che confina istruzione e formazione professionale come subordinata ai percorsi liceali, mentre l'integrazione è impegnata a conferire dignità culturale ad un ambito, quello operativo '#8211; lavorativo, che sempre più necessita di competenze generali proprio per far fronte ai nuovi e complessi impegni che il mondo del lavoro stesso presenta, e proprio quest'ultimo aspetto motiva anche l'ambito liceale ad interessarsi ad esso. Di qui si vede che non deve essere la scuola a pregiudicare la scelta nei confronti del percorso integrato, quanto gli utenti ad interessarsi ad esso.

I monitoraggi in atto sono diversi nelle diverse province e riguardano gli aspetti più qualitativi e processuali e di cui si dovrà dare conto se si vorrà davvero arrivare ad un sistema regionale; per ora, dai dati complessivi, emerge che sul fronte dell'offerta l'integrazione procede in modo positivo sia sul piano della motivazione dei diversi soggetti coinvolti, sia su quello del governo del territorio.

Il biennio integrato si consolida, dunque, ed è pronto ad accogliere componenti professionalizzanti di provenienza degli istituti tecnici e professionali che potrebbero essere trasferiti alle regioni per effetto della riforma Moratti. In vista della qualifica triennale tuttavia occorrerà tenere presente come la formazione generale dovrà espandersi mediante il ripensamento dei percorsi professionalizzanti: il rischio infatti è di cedere, nel terzo anno, a richieste pressanti di performances tecnico '#8211; lavorative, senza tenere nella giusta considerazione la vincente prospettiva seconda la quale si migliora il lavoratore in quanto lo si rende più uomo e cittadino'competente.

Le conferme che escono da questo rapporto e che meritano adeguati investimenti nel sistema regionale si possono individuare ne:

gli ingredienti dell'integrazione sono prima di tutto culturali: occorre confermare l'idea di una progettazione che a monte veda il confronto 'epistemologico' tra i due versanti, per una nuova idea di cultura formativa in questo ambito;
la realizzazione deve avere una grande motivazione all'innovazione didattica e deve investire sull'autonomia professionale degli operatori dei due sistemi;
la costruzione di una solida realtà territoriale, provinciale, per passare dal singolo progetto alla dimesnione regionale.

Il nuovo canale di istruzione e formazione professionale si costruisce a partire dalla ri '#8211; elaborazione di un nuovo asse culturale, che valorizzi le autonomie professionali dei diversi ambiti formativi. Il costituendo liceo tecnologico, indicato dalla riforma nazionale, non può essere costituito da un'accozzaglia degli attuali indirizzi degli istituti tecnici, ed il così detto curricolo locale nella nostra regione verrà, anche per questo ambito, attribuito alle autonomie scolastiche e formative.

E' all'interno dell'integrazione che si misurano anche le attuali indicazioni circa l'alternanza tra scuola e lavoro, che la nostra regione individua come strategia formativa, soprattutto a partire dal triennio superiore, specialmente per gli attuali istituti tecnici che vanno a maturità quinquennale. Una tale prospettiva fa riferimento più all'alleanza, integrazione, tra questi due mondi, piuttosto che ad un'alternanza che faccia presagire, ancora una volta, una sorta di gerarchizzazione delle opportunità.

L'esperienza emiliano '#8211; romagnola ha investito su due modalità:

partire dalle esperienze cultuali e professionali dei territori, per rispettarne le peculiarità e per giungere progressivamente ad un 'modello' regionale che sia veramente rappresentativo: l'idea generale non può essere imposta alle realtà locali, queste ultime comunque devono costantemente ispirarsi ad un'idea generale e devono contribuire a migliorarla;
governare il territorio, non in senso puramente amministrativo, ma tenendo conto delle sue caratteristiche peculiari senza perdere di vista che oggi il sistema formativo deve collocare nel mondo.

Il monitoraggio, ed anche questo rapporto non può essere da meno, costituisce un punto di equilibrio tra l'avvaloramento di una tendenza generale e l'originalità del contesto locale: attenzione a facili tentazioni valutative.

Se si vuole essere veramente autonomi nella progettazione e nella gestione di un sistema formativo territoriale, più o meno vasto, senza un programma che ci sovrasta e che dobbiamo applicare, occorre mantenere costantemente attiva una struttura che osserva ed analizza l'efficacia dell'intervento, alla quale però non potrà mai essere affidato il potere di decidere chi e cosa devono poter continuare ad essere i criteri regolatori e gli obiettivi formativi di una comunità.


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