Scuola e mobilità sociale, in Italia in Italia sono le mamme a fare la differenza
Se la mamma è diplomata lo sarà anche il figlio. Se il papà è diplomato e la mamma no, solo uno su due fa le superiori. Il «peso» della famiglia d’origine. L’Università e il basso tasso di crescita delle matricole
Gianna Fregonara
Quanto vale una mamma che ha studiato, che ha preso il diploma di scuola superiore? In Italia tantissimo. Nel percorso scolastico di un ragazzo oggi è molto più importante avere una mamma che ha studiato. Contribuisce alla riuscita scolastica del figlio molto più di un papà che si è diplomato. E’ questo uno dei dati più interessanti contenuto nel rapporto Ocse-Education at Glance 2016, pubblicato il 15 settembre. Ecco che cosa dicono gli esperti di Parigi che hanno analizzato i sistemi educativi di 35 Paesi (di cui 22 europei): in una famiglia in cui la mamma ha il diploma e il papà solo la terza media il 91 per cento dei ragazzi prenderà il diploma o anche andrà all’Università (30 per cento). Nel caso inverso (papà diplomato, mamma con la terza media), il 22 per cento dei ragazzi, cioè uno su cinque si fermerà alla terza media, il 55 per cento (uno su due) andrà alle superiori e solo il 22 per cento all’Università.
I numeri di Education at Glance
Il divario della famiglia di origine
Purtroppo nel nostro Paese avere genitori che non hanno studiato è uno degli svantaggi più gravi per uno studente. Rispetto a tutti i Paesi Ocse che hanno partecipato allo studio, ad eccezione della Turchia, l’Italia è quello in cui la diseguaglianza di opportunità legata alla famiglia di provenienza ha l’impatto peggiore sulla carriera scolastica. Significa che la scuola non riesce a fare da «ascensore sociale», cioè a garantire un’opportunità di crescita educativa e dunque poi anche professionale e di vita ai ragazzi che partono con un back ground svantaggiato (il 54 per cento degli adulti fra i 25 e i 44 anni con genitori che hanno un livello di istruzione inferiore al diploma di scuola superior si è fermato al diploma della scuola media). Si tratta di un fenomeno che in altri Paesi colpisce soprattutto gli stranieri (o i ragazzi con famiglia di origine straniera), ma in Italia riguarda tutta la popolazione. Questa difficoltà del sistema scolastico ad integrare e aiutare anche chi non ha genitori che hanno studiato, si riflette anche a livello di studi universitari ed una delle cause del ritardo italiano nell’incremento dei laureati: rispetto alla media degli altri Paesi, tra chi non ha genitori diplomati o laureati, il gap in Italia è di 14 punti percentuali. Una cifra che richiederebbe nuove politiche di sostegno economico e anche di tutoraggio per questi ragazzi.
Matricole, crescita troppo lenta
Dai dati Ocse emerge che l’istruzione universitaria non è considerata come un percorso che aiuti necessariamente ad entrare nel mondo del lavoro (il 62 per cento dei 25-34enni laureati lavora contro l’83 della media Ocse) e il tasso di iscrizione sfiora il 40 per cento, percentuale molto al di sotto degli altri Paesi, che tra l’altro non permetterà all’Italia di raggiungere l’obbiettivo 2020 dell’Europa, cioè un tasso di laureati del 40 per cento tra i giovani . Rispetto alla rilevazione dello scorso anno, il tasso di crescita delle matricole è molto rallentato: è passato dal 24 al 25 per cento, mentre la Turchia che era come noi il fanalino di coda dei Paesi europei ha raggiunto il 28 per cento.
Le raccomandazioni dell’Ocse
Tra gli strumenti che potrebbero aiutare i ragazzi ad iscriversi di più all’Università, secondo gli analisti di Parigi, ci sono sicuramente le politiche a sostegno del reddito: migliore modulazione delle tasse, borse di studio - solo uno studente su cinque può usufruire di questo beneficio - e i prestiti d’onore che sono inferiori all’1 per cento. L’80 per cento degli studenti italiani non ha sconti o aiuti finanziari per sostenersi durante gli anni universitari. Ma l’Ocse suggerisce anche di differenziare l’offerta con corsi a tempo parziale, che permetterebbero anche agli adulti o a chi già lavora di continuare la propria formazione, o anche con lauree più professionalizzanti a ciclo breve che attirerebbero sicuramente una platea più ampia di studenti