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Scuola, dopo 17 anni torna il concorso per gli insegnanti di religione. Ed è già polemica

Accordo tra il MInistero dell'Istruzione e la Cei, ma la selezione sarà su titoli ed esami. I precari storici così rischiano di essere penalizzati

16/12/2020
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la Repubblica

Salvo Intravaia

Dopo 17 anni, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina lancia il secondo concorso per il reclutamento degli insegnanti di Religione. Il primo in assoluto risale al 2004 e venne bandito dall’allora ministra Mariastella Gelmini. La selezione ai nastri di partenza è quello che i precari storici non volevano perché selettiva, cioè per esami e titoli. Ieri pomeriggio, l’inquilina di viale Trastevere e il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, hanno sottoscritto l’intesa sul concorso previsto dal decreto scuola dello scorso anno. Un accordo necessario, spiegano dal ministero dell’Istruzione, “per poter procedere con il bando vero e proprio”, previsto nelle prossime settimane. La procedura coprirà i posti vacanti e disponibili nel prossimo triennio: dal 2020/2021 al 2022/2023.

Nonostante la soddisfazione espressa dalla Azzolina e gli anni di attesa, non sono pochi i mal di pancia all’interno degli ambienti cattolici. Nel corso dell’incontro, Bassetti ha ricordato che “il prossimo concorso costituisce un passaggio importante non solo per la stabilizzazione professionale di tanti docenti, ma anche per la dignità dello stesso insegnamento, frequentato ancora da una larghissima maggioranza di studenti”. Mentre la ministra ringrazia la Cei “per la collaborazione che ci ha consentito di arrivare a questa intesa che va nella direzione di tutelare le aspirazioni degli insegnanti di religione cattolica”. I quali, anche in questo difficile momento di emergenza sanitaria, hanno dato il proprio contributo nelle scuole in cui insegnano.

Il concorso prevede che “una quota non superiore al 50 per cento dei posti possa essere riservata al personale in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano e che abbia svolto almeno tre annualità di servizio nelle scuole del sistema nazionale di istruzione”: le statali e le paritarie. E’ proprio questo il punto che fa storcere il naso a tanti insegnanti che attendono da quasi vent’anni il concorso. Perché 16 anni fa occorrevano almeno quattro anni di servizio per partecipare alla kermesse e coloro che avevano avuto la prima supplenza nel 2001, quasi vent’anni fa, vennero esclusi. La speranza di questi era quella di ottenere un concorso con la totalità dei posti riservati, non la metà. L’Anaps (l’Associazione nazionale autonoma professionisti della scuola), che al suo interno ospita una forte presenza di docenti di religione cattolica, esprime soddisfazione per l’accordo sottoscritto ieri.

Ma non si lascia sfuggire, esprimendosi con parole forti, l’occasione per ribadire quello che i precari storici di religione chiedono da anni: un concorso non selettivo, come quello che la Buona scuola ha previsto per i docenti di tutte le altre materie che si insegnano nelle scuole italiane. “Ci aspettiamo – si legge in una nota diffusa dall’Anaps – che in un prossimo incontro con i sindacati venga ribadita la volontà della ministra di bandire un concorso riservato non selettivo, come da premessa contenuta in questa intesa con la Cei, e che nessuno si permetta di chiedere ancora un concorso ordinario, che discriminerebbe gli insegnanti di religione, che anche in questo momento di emergenza sanitaria stanno dimostrando un senso del dovere pari a tutti gli altri insegnanti”.


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