Scuola, allarme prof per il 2019. Ne mancheranno più di 100 mila
Secondo i sindacati l’anno prossimo ci sarà un mega turn over, soprattutto se passa quota 100. I concorsi sanatoria previsti dal ministero non bastano a formare docenti
Gianna Fregonara e Orsola Riva
Settembre 2019, fuga dalla scuola. No, non è un film di fantascienza su un futuro prossimo distopico, ma la catastrofe annunciata che sta per rovesciarsi sulle classi dei nostri figli per il combinato disposto di una serie di fattori tutti prevedibili, alcuni inevitabili, altri complicati da recenti iniziative del governo.
Il buco del 2018: 32 mila posti vuoti
Primo: già a settembre di quest’anno, nonostante il Ministero dell’Economia avesse autorizzato 57 mila assunzioni, ne sono state effettuate solo 25 mila. Mancavano i candidati e così sono rimaste scoperte 32 mila cattedre, un terzo delle quali in Lombardia. Possibile? Sì, perché per le classi di concorso più richieste (a partire da matematica alle medie) le graduatorie a esaurimento sono state svuotate già nel 2015 con il piano di mega assunzioni varato dal governo Renzi (dentro ci sono rimasti solo i precari delle materie più inflazionate che nessuno vuole come diritto). Nel frattempo c’è stato un primo concorso nel 2016 che fra algoritmi sbagliati e record di bocciature è stato un mezzo flop. E un altro nel 2018 complicato da contestazioni, ricorsi e lungaggini al punto che in molte province a settembre non erano ancora state pubblicate le graduatorie dei vincitori.
Il ricorso ai laureandi
Secondo: alle 32 mila cattedra rimaste scoperte quest’anno (che i presidi delle scuole soprattutto al Nord in assenza di candidati più qualificati sono stati costretti a coprire con le cosiddette MAD, le messe a disposizione da parte di studenti universitari con la semplice laurea triennale), a settembre 2019 si aggiungeranno quelle lasciate libere dai docenti che vanno in pensione. Ai numeri del normale turnover, quantificabile intorno alle 20-25 mila cattedre, già l’anno scorso si erano aggiunti circa 10-15 mila domande di docenti che avevano raggiunto i termini della legge Fornero (67 anni d’età o 41 anni e dieci mesi di contributi). Alcuni di essi sono poi rimasti appesi perché il calendario scolastico non coincide con quello solare dell’Inps e torneranno a bussare alla porta nel 2019. E comunque i sindacati avevano già previsto che l’onda lunga dei maxi pensionamenti fosse destinata a durare almeno tre anni. Parliamo di tutti coloro che sono nati nei primi anni Cinquanta, che rappresentano una fetta consistenze del corpo docente italiano che - come si sa - è uno dei più anziani del mondo.
Effetto Quota 100
Terzo: la vera bomba a orologeria, ovvero Quota 100. La legge Fornero porterà ad un record di pensionamenti nei prossimi anni, ma con la riforma del governo i sindacati calcolano un vero e proprio tsunami. In teoria la platea di docenti interessati dal nuovo sistema di calcolo (con soglia minima pari a 62 anni d’età e 38 anni di contributi, oppure 63 e 37, 64 e 36 e così via) è addirittura di 100 mila insegnanti. Naturalmente non tutti, fatti i loro calcoli (i tagli possono arrivare al 25-30 per cento dell’assegno) sceglieranno di andare in pensione. Ma una parte al momento non quantificabile sì. E andranno a sommarsi al normale turnover e ai posti già scoperti. Ecco perché i sindacati hanno lanciato l’allarme, ma il governo finora non sembra averlo raccolto. Se non per l’emergenza sostegno su cui il ministro Marco Bussetti ha deciso di intervenire varando dei corsi di specializzazione per 40 mila posti in tre anni. Ma anche questi partiranno entro il 2019, quindi i primi docenti saliranno in cattedra non prima del 2020.
I concorsi-sanatoria
E tutti gli altri docenti? I prof di matematica e italiano, lingue straniere e laboratorio di cui tanto avrebbero bisogno i nostri figli? Non pervenuti. L’unico concorso di cui è già stato fatto il bando è quello facilitato per le scuole materne e elementari: 12 mila posti tagliati su misura per i cosiddetti diplomati magistrali. Nonostante le promesse, non si hanno notizie invece di quello ordinario che dovrebbe finalmente portare in cattedra maestri e maestre laureate. E le scuole secondarie? La legge 107 prevedeva dopo il concorso del 2016 e quello del 2018 un terzo concorso facilitato per docenti della scuola secondaria destinato a tutti i precari con più di 36 mesi di insegnamento. Ma il governo giallo-verde ha deciso di non farne nulla. Dopo aver smontato l’ambizioso sistema di reclutamento previsto dalla Buona Scuola (3 anni di tirocinio e formazione a spese dello Stato che sono stati cancellati in legge di Bilancio per ragioni di risparmio contabile), il ministro Bussetti ha promesso un nuovo sistema di concorsoni biennali aperto a tutti i neolaureati con almeno 24 crediti aggiuntivi in discipline psicopedagogiche e didattiche. Una scelta al ribasso che almeno in teoria dovrebbe garantire una maggiore sveltezza nel salire in cattedra. Ma allo stato non è stato annunciato nemmeno il bando. Figuriamoci poi fra scritti orali inevitabili contestazioni e prove suppletive. Ben che vada i primi prof saliranno in cattedra nel 2020 e comunque il primo anno sarà un anno di prova in affiancamento a un docente più anziano. E nel frattempo? Come in un brutto film di fantascienza distopica i nostri figli rischiano seriamente di tornare a scuola a settembre dell’anno prossimo e di trovarsi davanti una cattedra vuota.