Scuola, 721 milioni di tagli. il triplo di quanto previsto
Nella relazione tecnica che accompagna la legge di stabilità, il governo ha previsto una cifra di 721 milioni. È questa la riduzione di spesa prevista a regime, cioè dal 2014 in poi, ma già a partire dal prossimo anno si vedranno i primi risparmi, stimati in 240 milioni di euro.
di PIETRO PIOVANI
ROMA Il risparmio che il ministero dell’Istruzione ricaverà dall’aumento dell’orario di lavoro dei professori è molto maggiore di quanto si era calcolato finora. Nella relazione tecnica che accompagna la legge di stabilità, il governo ha previsto una cifra di 721 milioni. È questa la riduzione di spesa prevista a regime, cioè dal 2014 in poi, ma già a partire dal prossimo anno si vedranno i primi risparmi, stimati in 240 milioni di euro.
Si tratta di somme ben superiori a quanto preventivato con la spending review (la legge di revisione della spesa) varata lo scorso agosto. L’obiettivo di riduzione della spesa per la scuola doveva essere di 183 milioni l’anno prossimo, di 173 milioni nel 2014, per arrivare a regime a 237 milioni. Dunque sempre stando a quanto scritto ora nella relazione tecnica il risparmio ottenuto facendo lavorare di più gli insegnanti delle medie e delle superiori sarà maggiore di 57 milioni nel 2013, di 548 milioni nel 2014 e di 484 milioni dal 2015 in poi.
Che fine faranno questi soldi? Al ministero dell’Istruzione assicurano che le risorse dovranno essere riutilizzate nella scuola stessa. In altre parole: il contributo che i professori daranno al risanamento della finanza pubblica resta quello prefissato (183 milioni il prossimo anno, 173 milioni nel 2014 e così via), e solo per queste somme si può parlare effettivamente di tagli alla scuola. Quanto alla quota aggiuntiva di risparmio, saranno risorse da destinare all’edilizia scolastica, alla formazione dei docenti, alla qualità dell’insegnamento e così via. Tutto questo almeno nelle intenzioni del ministro Francesco Profumo, che sul punto dovrebbe aver ottenuto anche il consenso del ministro dell’Economia Vittorio Grilli.
Sono assicurazioni però che difficilmente basteranno a confortare chi lavora nella scuola. Anche perché i governi passano, e quello attuale tra sei mesi non ci sarà più, mentre i tagli restano. Le misure che entreranno in vigore dall’anno prossimo comportano per i docenti di medie e superiori 6 ore settimanali di insegnamento in più, portando l’orario dalle attuali 18 ore a 24. Il risparmio deriva dal fatto che queste ore di lezione in più si useranno per coprire i cosiddetti «spezzoni»: sono le ore di lezione per così dire dispari, quelle che in ogni scuola inevitabilmente restano scoperte perché non sono sufficienti a fare l’orario di un insegnante in più. Fino a oggi gli spezzoni sono stati coperti da precari che accettavano di dividersi su più scuole. Dall’anno prossimo invece saranno coperte dai docenti di ruolo. Il risparmio dunque verrà dal fatto che si ridurranno i posti di lavoro per i precari: 20 mila in meno, di cui 11 mila per gli insegnanti di sostegno.
L’aumento d’orario si accompagna a un aumento dei giorni di ferie, ma la misura non comporta alcun reale beneficio per gli insegnanti, perché i 15 giorni di vacanza in più si dovranno fruire nei periodi in cui la scuola è comunque chiusa: a Natale, a Pasqua, d’estate. Gli unici che in teoria avrebbero potuto ricavarne un vantaggio sarebbero i precari, che alla scadenza del contratto annuale si vedono monetizzare le ferie maturate e non fruite. La relazione tecnica però precisa che così non sarà, perché anche per loro c’è l’obbligo di godere dei 15 giorni aggiuntivi nei periodi di festa. Anzi, a leggere il testo viene quasi il dubbio che i precari potrebbero persino perdere qualche soldo nel calcolo della monetizzazione. Il punto andrà chiarito nei prossimi giorni.