Scuola, come si formano gli insegnanti
Giunio Luzzatto
OPPORTUNAMENTE, MILA SPICOLA (L'UNITÀ DI SABATO 31 AGOSTO) DENUNCIA IL PESSIMO SISTEMA (ANZI, NON-SISTEMA) DI FORMAZIONE (SI FA PER DIRE) E DI RECLUTAMENTO DEGLI INSEGNANTI IN ITALIA, e formula numerosi drammatici interrogativi: «è possibile chiedere un percorso formativo universitario unico, con uno zoccolo di aree disciplinari funzionali alla docenza obbligatorie e una divaricazione poi a seconda delle discipline e dei cicli?»; e ancora «È possibile chiedere... una selezione meno "all'italiana"? ... Evitare le bolge attuali di precari, classi di concorso, precari di un tipo e altri di un altro tipo, provenienti da Tfa, o dal concorso, o dalle Gae, o dalla Sissis, o ... ». Si tratta, ovviamente, di domande retoriche: nessuno sosterrebbe che questo caos va bene così. Anche la conclusione di Mila Specola è un interrogativo: «Un sistema selettivo tra i peggiori al mondo. Chi ne ha la colpa? Chi dovrebbe sistemare la faccenda?». È importante provare a dare una risposta; troppo spesso, infatti, i guai di questo Paese vengono deplorati senza individuare cause e responsabili, come se si trattasse di difetti genetici del Dna nazionale (ipotesi quasi razzistica) o comunque di una maledizione divina (ipotesi blasfema, per i credenti). Le colpe maggiori, senza dubbio alcuno, sono dell'area conservatrice del Paese; «conservatrice » in senso culturale oltre che politico. Domina tuttora, in ambienti cui viene fornito ampio spazio sui media, la vecchia mentalità gentiliana che a livello secondario (non parliamo poi di quello universitario) contesta l'idea stessa di una specifica professionalità docente, con lo slogan «chi sa bene sa anche insegnare»; da ciò, l'insistenza su curricula formativi totalmente spostati verso i contenuti disciplinari (per l'università, verso la ricerca), e comprendenti solo marginalmente le tematiche pedagogico-didattiche. Il lungo dominio della Dc nel governo del Paese, e in particolare dell'Istruzione dello stesso (Pubblica, ma non troppo... ), si è svolto su tale linea, che era diversa solamente per la scuola primaria; a coloro che rivolgeranno l'insegnamento ai bambini piccoli, e solo a loro, la pedagogia serve, veniva riconosciuto, anzi, l'insegnamento a loro diretto costituisce addirittura una «vocazione» (e si difese tenacemente l'Istituto Magistrale, cioè l'obbligo di una scelta precoce per chi intendeva dedicarsi a tale attività). La sinistra si batté a lungo contro questi schemi; basti ricordare le battaglie di uomini come Gaetano Salvemini in epoca giolittiana e come Tristano Codignola e Aldo Visalberghi in periodo repubblicano. È troppo comodo, però, dar sempre le colpe agli altri. Anche dalla parte «nostra» i limiti sono stati forti; non è un caso che i personaggi sopra ricordati sono stati spesso considerati come eretici rispetto alla ortodossia del verbo socialista. In termini più direttamente politici, va poi ricordato che non vi è stata alcuna continuità, né condivisione, nello sviluppo di strategie coerenti: vi sono stati ministri che le hanno impostate, ma sono state considerate loro scelte individuali, presto smentite dai successori o dai colleghi. E, demagogicamente, la tutela dei legittimi interessi particolari di «precari» già presenti, e ben organizzati, ha sempre prevalso sulla difesa dell'interesse generale, che richiederebbe non solo di non togliere opportunità ai nuovi laureati (ovviamente non ancora presenti, e perciò non organizzati), ma soprattutto di assumere i docenti guardando al bene degli studenti, sulla esclusiva base del merito dei candidati, in funzione della qualità dell'insegnamento. Per citare momenti recenti: Luigi Berlinguer stabilì nel 1999, in occasione di una legge che in via immediata era anche una «sanatoria» (ogni volta, si affermava solennemente che si trattava dell'ultima... ), che ogni tre anni ci sarebbe stato un regolare concorso; nonostante periodi governativi anche di centrosinistra, ciò non avvenne però fino alla gestione Profumo del 2011, e conseguentemente il precariato si è sempre più esteso. Inoltre, nel corso dell'ultimo governo Prodi vi fu un tentativo (l'unico, nell'intera vita della Repubblica) di connettere, come giustamente auspica Spicola e come avviene in tutti i Paesi culturalmente avanzati, la formazione degli insegnanti con il loro reclutamento; tale progetto, redatto da una commissione presieduta dal Sottosegretario Modica per l'Università e dalla vice-Ministro Bastico per l'Istruzione, fu però bloccato dal ministro Fioroni (e insufficientemente sostenuto dal ministro Mussi), col risultato di lasciare campo libero al successivo intervento Gelmini (il Tfa, criticabilissimo sia in sé sia perché totalmente scisso dal reclutamento). Come dicevamo all'inizio, occorre andare oltre le pur sacrosante denunce. La risposte, cioè le soluzioni, ci sono, e le forze di progresso del Paese devono perseguirle con impegno, cercando anche di comprendere il perché degli insuccessi del passato.