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Sciopero e cortei, scuola ferma, «No al bastone e alla carota»

Protesta contro le affermazioni del ministro Profumo. Manifestazioni in tutte le città. A Roma clima allegro ma disagi al traffico

13/10/2012
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Il Messaggero

Tre anni fa urlavano: «Noi la crisi non la paghiamo». Oggi è diverso: «L’abbiamo pagata, adesso basta». Gli studenti medi sono scesi in piazza in tutta Italia per protestare contro la «privatizzazione della scuola pubblica», ovvero contro il disegno di legge Aprea, che questo processo potrebbe avviare. E’ una battaglia che i ragazzi combattono a colpi di carota: da nord a sud, in mano i ragazzi avevano un ortaggio, ironica risposta al ministro dell’istruzione Profumo che aveva parlato di un Paese «che ha bisogno di bastone e carota».
Se la settimana scorsa si era registrato qualche episodio di violenza, lanci di oggetti, tentati sfondamenti e cariche, ieri ha prevalso la protesta pacifica. Pochi anche i gesti provocatori: il primo, al mattino, è stato un blitz nella sede italiana del parlamento europeo di via IV novembre a Roma, altro breve momento di tensione a Milano, dove è stata presa una bandiera della sede della Regione.
La mobilitazione dei ragazzi ha coinciso con lo sciopero dell'intero comparto della conoscenza indetto dalla Flc-Cgil. Così le generazioni si sono ritrovate in piazza. A Roma il corteo dei giovani (spesso giovanissimi) è partito di buon mattino da piazza Esedra, pochi striscioni, molti slogan, gli infiltrati temuti alla vigilia non ci sono. Poco più in là, a Santa Maria Maggiore li aspettano festanti i più solidi sindacalisti. E’ il fischietto che incontra l’iPhone. «Salutiamo i nostri ragazzi», dicono i megafoni della Cgil. A osservare lo spettacolo c’è Giorgio Cremaschi della Fiom che si lascia andare all’ottimismo: «E’ la fine della grande gelata. Abbiamo un nemico comune: Monti e l’austerità». Il serpentone diventa unico, con i giovani davanti e gli altri dietro. Fino a piazza Venezia tutto scorre tranquillo. Poi gli studenti, invece di dirigersi verso piazza Santi Apostoli, come prevedeva il percorso ufficiale (con comizio sindacale), si piazzano davanti all’Altare della Patria chiedendo, con educazione tutto sommato, di proseguire il corteo. L’intenzione iniziale era di andare davanti al Senato, ma dopo un lungo conciliabolo con i dirigenti della questura si concorda di arrivare al Ministero dell’istruzione di viale Trastevere. I celerini schierati si spostano e si riparte, con clima allegro e con molte ripercussioni sul traffico. «Salutiamo la gente in coda», dice al megafono Federico Del Giudice, uno dei leader della Rete dalla conoscenza «siamo qui per i vostri figli». Gli automobilisti non ricambiano la dedica. Quando si arriva al ministero le carote, brandite fino ad allora, vengono scagliate contro i poliziotti schierati a difesa del palazzo: «Ci è andata bene, di solito sono uova», commenta un agente.
A Milano la crisi della Regione è stata al centro della manifestazione: «Fuori la mafia dal Pirellone», recitano slogan e manifesti sin dalla partenza in piazza Cordusio. Quando i ragazzi sono arrivati davanti alla sede regionale l’obiettivo è diventato Formigoni, con inevitabile coro: «Dimissioni». A Genova, oltre alle carote, gli studenti hanno portato un cumulo di pietre (mai lanciate) davanti alla prefettura con un cartello: «Avete ridotto la scuola in macerie». Poi la protesta è stata portata anche al Salone Nautico, in corso in questi giorni, senza creare alcun disagio all’evento. Mille persone sono scese in piazza anche a Napoli. Gli studenti torinesi hanno ricordato un ragazzo morto sotto le macerie della sua classe. A Firenze la parola d’ordine è stata «Stop a Profumo, non facciamolo parlare», riferimento alla visita del ministro il 16 ottobre in occasione dell'inaugurazione dell'anno di studi dell'Accademia delle Belle arti.
Prima di scioglieri i cortei arriva il nuovo appuntamento: il 27 ottobre, con un’iniziativa che già dal titolo dice tutto: No Monti day.


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