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Sciopero docenza universitaria: costruire un fronte ampio capace di invertire la rotta sull’università e la ricerca a partire dalla prossima legge di stabilità

di Francesco Sinopoli

23/09/2017
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ROARS

Esistono le condizioni per costruire un fronte ampio nell’università, capace di mobilitarsi e invertire la rotta delle politiche su istruzione e ricercaEducation at a glance conferma l’abisso che ci separa dai paesi che hanno investito in questi settori e che non a caso sono quelli dove la qualità della vita, le performance economiche e i livelli occupazionali sono più alti.

Oggi, se tutti spingiamo nella stessa direzione, si possono realizzare le condizioni per un movimento ampio capace di invertire la tendenza. Solo un movimento ampio, capace di mobilitare l’insieme della comunità universitaria, è in grado di incidere sulla deriva in corso da tempo. Quello del 2011, innescato dall’iniziativa coraggiosa dei ricercatori, non riuscì solo per poco a fermare la legge 240! Oggi sappiamo quale prezzo ha pagato l’università a causa di quella legge, dei tagli draconiani del 2008 e di un sistema di valutazione ideologicamente orientato.  Lo sa bene la docenza universitaria che si sta giustamente mobilitando in queste settimane.

La condizione per ricostruire un movimento di quella portata, realmente capace di conquistare nuove risorse e modificare gli assetti che si stanno determinando negli atenei, è però quella di costruire un dialogo tra tutte le diversi parti del mondo universitario, condividendo analisi e obiettivi. Fondamentali furono nel passato le assemblee di ateneo e soprattutto, come sempre, il ruolo degli studenti che hanno animato a migliaia i cortei e le occupazioni. Da quelle si può ripartire. Come fondamentale oggi è coinvolgere il vasto e articolato mondo della precarietà, così come il personale tecnico e amministrativo che da quasi 9 anni  vede il blocco dei propri salari. Lo sciopero promosso dalla docenza universitaria può quindi combinarsi con tutte le altre istanze che sono presenti nell’università, come peraltro proposto in un appello recente  promosso anche dalla FLC CGIL.

Investimenti diretti nel fondo ordinario, reclutamento straordinario, diritto allo studio e questione salariale sono rivendicazioni che si tengono insieme e si rafforzano a vicenda. Peraltro siamo all’avvio del confronto sul rinnovo del CCNL che interessa direttamente il personale tecnico amministrativo, dove un nodo importante saranno le risorse da trovare nella legge di stabilità. Proprio in questi giorni si avvieranno le assemblee, per discutere con le lavoratrici e i lavoratori delle nostre proposte per il contratto e della necessità di costruire una mobilitazione per sostenerle. Così come riprenderà la battaglia dei precari negli enti di ricerca a partire dal CNR per rivendicare  risorse necessarie e strumenti veri per essere stabilizzati. Moltissimi di loro sono anche precari dell’università e le loro istanze parlano anche al mondo dell’università.

Per questo crediamo che, come è già avvenuto con le mobilitazioni più importanti degli ultimi anni, l’università possa diventare un punto di riferimento fondamentale per costruire un fronte ampio che abbia come primo obiettivo la legge di stabilità, dove le risorse non possono andare ancora agli incentivi per le imprese la cui efficacia è peraltro nulla sia sotto il profilo dell’occupazione che degli effetti sull’innovazione tecnologica.

Manca un punto di PIL per avvicinarci ad una soglia significativa di investimenti nei settori dell’istruzione e della ricerca. Iniziamo a rivendicarlo, per colmare il divario in termini di salari, infrastrutture, diritto allo studio.


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