Scienze in inglese alle elementari? Già che ci siamo aboliamo l’italiano
di Sebastiano Vassalli
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Confesso di avere letto con un certo disagio l’intervista di Gianna Fregonara al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini («Corriere», 30 gennaio). Alle elementari si studierà una materia in inglese , dice il titolo; e il ministro, nel testo, spiega: «Per esempio scienze». Dunque, la lingua di Galilei, di Volta, di Marconi, di Fermi può essere vantaggiosamente sostituita già nelle elementari. Che fosse del tutto inadeguata alle sottigliezze fisiche e metafisiche delle moderne tecnologie ce lo avevano già spiegato il rettore e i professori del Politecnico di Milano. Come italiani, sapevamo di avere delle difficoltà con le lingue più parlate nel mondo, e credevamo che la colpa fosse di un sistema scolastico antiquato e un po’ troppo «antichizzato». Ma pensavamo anche che la nostra cultura, e la lingua che ne è la struttura portante, fossero una buona base per migliorarlo. Ci consolavamo pensando che nonostante tutto abbiamo avuto e abbiamo grandi architetti, grandi ingegneri, importanti scienziati. Ci illudevamo. Se l’errore, come ormai ci viene suggerito da tante parti, è proprio nella lingua, più adatta alle poesie che alle scienze, a che servono le mezze misure? Non ci metteremo al passo col mondo autodegradandoci a Paese ex coloniale. Occorrono misure più coraggiose, passi più lunghi. Abbiamo cambiato la moneta, possiamo cambiare la lingua. Dopo i nativi digitali, avremo i nativi anglofoni. Come diceva il presidente Mao Zedong: il cammino è tortuoso, ma l’avvenire è radioso.