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Scherzi e interrogazioni in diretta su Periscope e i professori insorgono

La app per mandare online filmati in tempo reale sbarca in classe I presidi: “È illegale”. Ma c’è anche chi invita a non demonizzarla

30/04/2015
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la Repubblica

Gerardo Adinolfi Laura Montanari

LA SCUOLA va in diretta su Periscope e non lo sa. Ogni mattina collegamenti video clandestini fatti dagli studenti all’insaputa dei prof mandano in live streaming tramite Twitter sugli schermi degli iPhone quello che accade nelle aule. Dalla lezione di latino con l’ignara insegnante che alla lavagna spiega di consoli e senato, alla prof che legge Pascoli e cerca di far tacere la classe, senza immaginare che un mondo fuori la sta seguendo con cuoricini di «like» e commenti magari irripetibili. In diretta anche l’allieva che contesta il voto di italiano o gli sbadigli fra i banchi nell’ora di fisica: «Quanto manca all’intervallo?». Il campionario è vasto: i «cicchini» (le sigarette) fumati nei cortili, la zoomata sulla scollatura della compagna di classe. Ogni mattina c’è un pezzo di scuola italiana che va su Periscope, l’applicazione che consente la diretta video dal cellulare. Facile, come sfiorare il tasto su uno schermo, e in gran voga. Tutti possono commentare e mandare cuori colorati, le dirette sono migliaia e di tutti i generi: dal traffico al frigo vuoto, dai concerti alle aule.

Dall’alberghiero del Friuli allo scientifico in Calabria cambia soltanto l’accento degli studenti. A Pordenone due ragazze di una quarta superiore, è storia di ieri, trasmettono mentre la prof spiega. «Che succede se vi sgama? » chiede un ragazzo online da un’altra città. «Niente, perché? » è la risposta sussurrata al telefonino. Quasi in contemporanea, a Lamezia Terme, tre sedicenni cercano compagnia virtuale durante un’assemblea di classe. «Parlate ragazzi altrimenti mi annoio», dice una ai 31 “visitatori” che seguono il live. Poi inquadra uno studente, da solo in un banco: «L’avete ghettizzato? », chiede un user. In aula ridono: «Si, in effetti è un po’ strano…». Su Periscope l’attenzione si brucia in fretta e da 31 i visitatori precipitano in pochi secondi a 9: «Noo non ci abbandonate », urla la studentessa che ha dato il via alla diretta. Una compagna chiede: «Ma con chi parli?». Risposta: «Con tutto il mondo!».
Provincia milanese, online l’insegnante che disegna il piano inclinato: «Prof, chiedono se sei sposata...». E lei che non capisce: «Chiedono chi? Diego, smettila». Mentre gli studenti scavalcano le mura delle aule e rendono social le mattinate, la maggior parte di insegnanti e dirigenti scolastici si chiede cosa sia Periscope. «Non ne sappiamo nulla» dice Irene Baldriga, preside del Liceo Virgilio di Roma. Stessa risposta dallo scientifico Ferraris di Torino. E il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Giorgio Rembado: «Non so cosa sia, però fare riprese in aula è illegale oltre che scorretto». Fra le cattedre, chi conosce la app lanciata da Twitter lo scorso 26 marzo (un milione di utenti nelle prime due settimane), pensa a come utilizzarla a scopi didattici: negli Stati Uniti c’è chi propone di usarla per conferenze e lezioni. Paola Stufferi, preside dell’alberghiero di Pordenone, dove gli studenti hanno fatto partire uno streaming, ammette di non conoscere Periscope: «Gli studenti sono nativi digitali noi facciamo fatica a tenere il passo...». Fine mattina, ultima diretta, da un liceo romano. La camera è su due ragazze: «Belle, le veline», commentano da fuori. Loro ridono: «Ci divertiamo così. E voi che fate? ».

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