Salve le scuole sotto i seicento alunni la Consulta boccia gli accorpamenti
"Norma illegittima". Il Ministero: "È un bel guaio".
ELSA VINCI
CORRADO ZUNINO
ROMA - Gli accorpamenti scolastici sono illegittimi. Lo ha detto ieri, dettando la sentenza numero 147, la Corte costituzionale. Lo Stato non doveva entrare in un dettaglio amministrativo: il numero degli studenti che in ogni "plesso scolastico" non deve essere inferiore a seicento e superiore a mille. Questa è materia nel potere delle Regioni. È tutto da rifare, quindi, per gli accorpamenti, la questione che più ha impegnato l´amministrazione scolastica e più agitato maestri, professori, genitori.
L´accorpamento scolastico era nato, per volontà di Giulio Tremonti, il 6 luglio 2011: si volevamo risparmiare 63 milioni di euro. La legge, quindi, è stata realizzata dal governo Monti. Lungo il suo cammino, e vista la dialettica cresciuta tra comuni, province e regioni, l´accorpamento è diventato un ridimensionamento tout court con la soppressione di istituti (a partire dal prossimo settembre nella gran parte dei casi) e la fusione di scuole dell´infanzia con scuole medie, licei scientifici con istituti per l´agricoltura. In un processo caotico e conflittuale la Regione Lazio, per dire, ha tagliato 109 autonomie: ha accorpato cioè, offrendo un unico preside e un´unica segreteria, 109 scuole. Solo a Milano le fusioni sono state 77. A Castelfiorentino, provincia di Firenze, si è ipotizzato un unico istituto con 1800 studenti stipati. In Sardegna e Sicilia una scuola su cinque, sulla carta, è stata cancellata.
Sette Regioni hanno fatto proprio il malessere crescente - professori spostati, palestre trasformate in nuove aule e aule in mense - e sono ricorsi alla Corte costituzionale appellandosi ai loro poteri schiacciati dallo Stato. Ieri la Consulta ha dato loro ragione sul punto "dimensionamento", comma IV dell´articolo 19 del decreto legge numero 98 (2011). «La norma è illegittima in quanto si tratta di una materia di competenza regionale», ha detto. E poi: «L´aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di mille alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche e il personale operante all´interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio, ma si risolve in un intervento di dettaglio da parte dello Stato in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale». La Consulta ha salvato invece il successivo comma 5, quello che consente di tagliare presidi e personale amministrativo (il ministero dell´Istruzione ha ipotizzato di prepensionarne 3180). «Rientra nelle prerogative del governo decidere la riduzione dei dirigenti scolastici», hanno scritto i quattordici giudici dell´Alta corte. «Questa previsione», si legge ancora, «incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica, ma la norma non sopprime i posti di dirigente limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura e tenendo presente che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, non regionali».
È interessante notare come l´Alta Corte abbia sottolineato l´ambiguità di una legge che da una parte impone l´aggregazione tra elementari, medie e superiori e dall´altra «non esclude la possibilità di soppressioni pure e semplici». I giudici hanno censurato il fatto che lo Stato abbia stabilito «soglie rigide» che «escludono le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione». Ecco, il Titolo V «consente allo Stato di dettare principi fondamentali e non norme di dettagli».
Il ministero della Pubblica istruzione è stato preso in contropiede dalla sentenza. A tarda ora, i responsabili tecnici, assunta la notizia, hanno parlato di «un bel guaio» sottolineando come non sia più gestibile una situazione in cui «lo Stato mette i soldi e le Regioni decidono cosa fare». Saranno le Regioni, ora, a dover rimettere mano alla partita dell´accorpamento scolastico.