La febbre è alta e sale ancora. In meno di un mese, sono state approvate da dipartimenti, senati accademici e assemblee di ateneo ben 84 mozioni in 37 diversi atenei che, da diverse angolazioni, contestano la politica universitaria del governo sul blocco degli scatti stipendiali, ma anche sul diritto allo studio, le limitazioni al turn-over (con le ricadute sul precariato), i tagli al fondo di finanziamento ordinario, e l’uso della retorica della premialità come paravento per un ridimensionamento selettivo del sistema dell’istruzione universitaria.
Se Carlo Ferraro, già da più di un anno aveva indicato nell’astensione dalla VQR il grimaldello per esigere lo sblocco degli scatti stipendiali, lo scorso 22 luglio, anche la CRUI aveva avvertito “Miur e Anvur che solo a condizione di recupero delle risorse tagliate sarà possibile garantire la collaborazione del sistema universitario allo svolgimento del nuovo esercizio Vqr 2011-2014″. A partire da metà ottobre, dipartimenti e senati accademici hanno cominciato ad approvare mozioni sulla falsariga dei suggerimenti di Ferraro, focalizzati sul ripristino degli scatti, o della lettera aperta “Noi disobbediamo” di Stefano Semplici che – senza limitarsi agli scatti – chiede un’inversione di rotta per arrestare il collasso globale del sistema universitario, dal diritto allo studio fino al reclutamento dei precari, non senza menzionare le questioni di equità su scala nazionale.
La CRUI, guidata da un timoniere di fresca nomina, non ferma la contestazione e cerca di guadagnare tempo: il 22 ottobre, da un lato emette un comunicato in codice, ma dall’altro scrive al presidente dell’ANVUR chiedendo di rivalutare «tempi e modi delle procedure in corso».
Passano poche settimane e il numero di mozioni approvate cresce fino a superare l’ottantina e a coinvolgere 37 atenei. E questa settimana è il Consiglio Universitario Nazionale che rompe gli indugi. Non solo raccomanda che la Sig.ra Signora Ministra valuti con attenzione la possibilità di
sospendere le procedure della VQR, in accordo con le osservazioni che la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane avanza dallo scorso luglio
ma scrive esplicitamente che
per effetto delle le numerose mozioni di protesta e delle dichiarazioni di non collaborazione all’esercizio della Valutazione della Qualità della Ricerca 2011-2014, potrebbe essere inficiata la correttezza dei risultati di quest’ultima per l’incompletezza dei dati raccolti e la conseguente distorsione statistica.
Nel frattempo, dalle parti del MIUR e dell’ANVUR tutto tace. Forse attendono che le mozioni raggiungano e superino quota cento?
Quando mancano le parole, sono i fatti a parlare: la finanziaria propagandata con l’hashtag #italiacolsegnopiù si è rivelata #istruzionecolsegnomeno: il ministero che subirà più tagli sarà proprio il MIUR : -220 milioni nel 2016, -240 nel 2017, -200 nel 2018. Un taglio di 660 milioni in tre anni. E, come da copione, c’è qualche deputato della maggioranza che, colto di sorpresa dal voltafaccia del governo, si dichiara preoccupato e promette battaglia per far rientrare i tagli (con i nostri più sinceri auguri, naturalmente). Per la maggior parte dei tagli spetta al MIUR decidere dove puntare le forbici, ma alcune voci sono già decise: il diritto allo studio perderà 20 milioni nei prossimi tre anni, mentre le università e gli enti di ricerca sono chiamate a una “razionalizzazione della spesa attraverso l’acquisto centralizzato di beni e servizi” (ddl 2011, art. 28) attraverso un taglio permanente di 20 e 14 milioni e FFO e FOE – a cui si aggiungono altri 28 milioni per le strutture del MIUR.
Nota: la “mappa delle mozioni” è stata disegnata sulla base delle mozioni riportate nella tabella pubblicata sul sito della Rete 29 Aprile e della tabella diffusa da Carlo Ferraro il 9.11.2015 attraverso la sua mailing list. Data la situazione in continua evoluzione, alcune mozioni approvate potrebbero non essere riportate nella mappa.