Un incremento di 85 euro privilegiando le fasce di reddito più basse, largo alla valutazione e una riorganizzazione delle amministrazioni.
Sono questi i tre punti cardine su cui mercoledì 30 novembre si siederanno, attorno allo stesso tavolo, il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, e i leader di Cgil, Cisl e Uil, per trovare l’accordo definitivo sul rinnovo contrattuale del pubblico impiego dopo sette anni di stop.
La convocazione è partita sabato 25 e nei cinque giorni che portano all’appuntamento, gli entourage delle due parti saranno chiamati ad avvicinare le posizioni attraverso la bozza d’intesa, composta da tre pagine, su cui è stato preso un accordo di massima nei giorni scorsi.
Non sarà facile, ma nemmeno impossibile. ll ministro vuole assolutamente chiudere prima del referendum del 4 dicembre: è troppo “ghiotta” l’occasione di incassare consensi ad una manciata di ore dal crocevia dell’urna.
Per arrivare all’obiettivo, la Madia intende imporre gli 85 euro come media (su cui, peraltro, manteniamo seri dubbi per la “copertura”), i sindacati chiedono che sia una soglia individuale, per lavoratore, perché temono “sperequazioni” a seconda dell’entità delle buste paga.
Più che sulla quota d’aumento, però, la distanza da colmare riguarda un altro punto. Molto “sentito” dai rappresentati dei lavoratori: il rapporto tra legge e contratto, che andrebbe riportato a favore di quest'ultimo in tutti i comparti. Solo che c’è da superare la Legge Brunetta di riforma, la 150/2009, voluta dall’ultimo Governo Berlusconi. Che dà molto spazio al “merito” e poco alla contrattazione. Solo che per aggirare la 150/09, però, non è possibile per via contrattuale. E questo potrebbe essere un nodo difficile da sciogliere.
Poi, ci sono altre novità da introdurre. Per le quali non dovrebbe essere un problema accordarsi. Come la maggiore flessibilità degli orari, il welfare aziendale, la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. E pure la maggiore severità verso i comportamenti di abuso.
Non tutti i sindacati, tuttavia, sembrano pensarla allo stesso modo: la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, sostiene che "il governo sa benissimo che ci vuole un aumento non inferiore agli 85 euro".
Secondo il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava, "siamo vicini a una svolta storica".
Altrettanto conciliante sembra la Uil: per Antonio Foccillo, sulla quota di aumento "evitiamo uscite a gamba tesa".
Sullo sfondo, ricorda l’Ansa, c’è la bocciatura della Consulta sulla riforma Madia: “gli effetti sono ancora da focalizzare, di certo se ne parlerà nell'incontro di mercoledì. Prima però, lunedì, al ministero dovrebbe salire il sindacato autonomo della Confsal. Probabilmente quindi l'intenzione è quella di allargare l'accordo a tutte le sigle del pubblico”.