Riformista: Sognando la California, il Nord-est vuole un Politecnico
È il dibattito più incandescente del mitico Nord-est. Schei, fisco, impresa, Romaladrona, Passante di Mestre? No. Formazione, università, istruzione, ricerca, innovazione:
SCHEI. LA PROPOSTA DI UNA STRUTTURA MULTIDISCIPLINARE MODELLO BERKELEY DI MARCO ALFIERI
Sognando la California, il Nord-est vuole un Politecnico
Milano. È il dibattito più incandescente del mitico Nord-est. Schei, fisco, impresa, Romaladrona, Passante di Mestre? No. Formazione, università, istruzione, ricerca, innovazione: Padova chiama Berkeley. Parliamo della proposta di realizzare un Politecnico multidisciplinare del Nord-est fortemente orientato alla ricerca applicata e in grado di collegare i dipartimenti, i corsi e le strutture dei singoli atenei e che accorpi nanotecnologie e architettura, economia ed etica. Una specie di federazione fra gli atenei con una governance unica per incrementare i livelli didattici e quelli scientifici. E per competere a livello internazionale con l'aiuto finanziario della Regione (Giancarlo Galan è un fan dell'operazione) e, soprattutto, delle onnivore fondazioni bancarie.
In questo senso, «l'idea di un Politecnico è buona ed è sicuramente compatibile con un territorio che, avendo una forte specializzazione produttiva, necessita per evolvere di risorse umane adeguatamente formate. Ma il progetto ha un senso solo se si avrà il coraggio di ridurre le attuali sedi universitarie. Sono decisamente troppe e non sono un modello sostenibile», mette i piedi nel piatto il professore bocconiano Tito Boeri, intervistato dal mensile Nordesteuropa.it, che nel suo ultimissimo numero dà ampio conto di questo dibattito sul territorio.
«Negli ultimi vent'anni - spiega il mensile - il sistema universitario del Triveneto si è frantumato e duplicato. Otto atenei, decine di sedi didattiche distaccate, parchi scientifici, istituti e consorzi di ricerca hanno disperso energie e finanze. Hanno diviso il territorio come supermercati o centri commerciali». Risultato? «Il numero di laureati in materie tecniche e scientifiche è largamente insufficiente», nota il rettore veronese Alessandro Mazzucco, «e le imprese nordestine vanno all'estero in cerca di collaborazioni. Ovvio che qualcosa non funziona».
In questo senso, spiega Vincenzo Milanesi, rettore dell'ateneo di Padova, «l'Università della California, con le sue dieci sedi sparse sul territorio, 210 mila studenti e 300 imprese altamente innovative fondate dai propri ricercatori e un solo organo di governo, è il modello che abbiamo in testa. Ma dobbiamo fare un passo alla volta. Sarei già contento se i miei studenti potessero un giorno sostenere un esame alla Ca' Foscari senza troppi impedimenti».
Il dibattito, ovviamente, sta rimbalzando sui giornali e i dorsi locali, dal Gazzettino alla Nuova Venezia, dal Corriere Veneto all'Alto Adige. Per non smentire il proverbiale individualismo triveneto e l'allergia al gioco di squadra, vanno segnalati pure i riottosi al progetto, che sono sostanzialmente bolzanini, triestini e udinesi (mentre i rettori veneti, che lo hanno lanciato, e quello trentino, sarebbero a favore). Valga per tutti la stroncatura di Francesco Peroni, rettore dell'Università di Trieste: «Da giurista - dice - m'interrogo sulla percorribilità degli obiettivi del Politecnico.
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