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Riformista: La strana coppia Fioroni-Ferrero

«Così abbiamo battuto i poteri forti»

03/10/2006
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Il Riformista

«Loro (Padoa-Schioppa e Prodi, ndr.) hanno delimitato il terreno di gioco. Noi l'abbiamo accettato e, grazie al gioco di melina prima e di manovra poi, abbiamo vinto la partita. Di certo il primo tempo». Un autorevole ministro del governo dell'Unione ci spiega così la partita Finanziaria. «L'errore di calcolo - prosegue nel suo ragionamento - l'hanno fatto il ministro dell'Economia e soprattutto i poteri forti, in testa Confindustria ma anche pezzi di maggioranza, che credevano imporci la linea del rigore. Gliel'abbiamo detto in tutti i modi, che era un errore: prima abbiamo proposto la Finanziaria in due tempi, cioè in due anni, spalmandola. Poi abbiamo proposto una Finanziaria più leggera. Si sono intestarditi e, alla fine, hanno perso». Come, resta da capire.
Giovedì scorso, a due giorni solo dal varo definitivo della manovra economica, il quotidiano La Repubblica offre un assaggio del primo affondo del fronte «sociale», quello che il Riformista aveva già definito, nelle settimane precedenti, «il partito della spesa» (Ferrero, Fioroni, Mussi tra i ministri, più i sindacati): la Finanziaria potrebbe essere di ben due miliardi sopra i trenta. Il giorno dopo, sempre la Repubblica fornisce un'altra notizia. In una cena «carbonara» - che si è tenuta in un ristorante sulla Salaria, località Settebagni, e non in pieno centro - sei «ministri dissidenti» (Fioroni, Bianchi, Pecoraro Scanio, Mussi, Ferrero e Nicolais) definiscono la strategia. Oltre a inveire contro Padoa-Schioppa («Se non la cambia lo teniamo lì tre giorni», i commenti di molti dei convenuti, Fioroni il più acido di tutti) i sei ministri chiedono almeno un miliardo in più, oltre ai due già strappati. Non serve nemmeno una notte e un giorno, quello di sabato, e la Finanziaria lievita a quota 33,360 milioni di euro. Padoa-Schioppa è all'angolo, difeso solo da Prodi, mentre il viceministro Visco si prende la sua bella rivincita: nonostante l'asse neo-centrista, il fronte dei ministri di spesa lo difende sull'inasprimento delle aliquote, mentre quelli diessini si limitano a tacere. O a girarsi dall'altra parte. O a difendere il proprio, come hanno fatto Damiano e Mastella. Il sottosegretario Letta e il ministro Bersani cercano l'ennesima, faticosa, mediazione, ma il fronte della spesa tiene palla e vince. Si festeggia, eppure la gioia è contenuta: troppe sono state le tensioni.
Il consiglio dei ministri formalmente si chiude sabato 30 settembre, nella sostanza no. Visto che il testo della Finanziaria giunge al Quirinale solo domenica. E cioè fuori tempo massimo, dato che la manovra economica dovrebbe essere comunicata, per legge, entro il 30 settembre all'ufficio di presidenza della Camera. Dove arriva sì, ma il 2 ottobre: relatore di maggioranza il ds Michele Ventura; a svolgere l'ingrato compito di tenere i rapporti con una maggioranza parlamentare che già promette battaglia e minaccia tempesta saranno, nei prossimi mesi, i ministri Chiti e Santagata e il sottosegretario all'Economia Sartor.
Oltre al punto «tecnico», però, c'è da fare il punto «politico»: i sindacati hanno giocato un ruolo fondamentale. I contatti con loro li hanno tenuti soprattutto i ministri Ferrero e Mussi, ma anche il segretario del Prc Giordano mentre Fioroni restava in stretto collegamento con il presidente del Senato Marini. Tenuti sempre al corrente, i sindacati hanno fatto sapere che sui soldi per i contratti del pubblico impiego e sulla non chiusura di «tutte» le finestre pensionistiche non intendevano cedere di un millimetro. I ministri di spesa si sono fatti carico delle loro richieste e Padoa-Schioppa non ha potuto fare che buon viso a cattivo gioco, il suo. Prodi anche. Per Rifondazione (e per il suo padre politico Bertinotti) si tratta di un vero «capolavoro politico». Ferrero con il Riformista, riconosce che «il protagonismo sociale dei ministri di spesa e dei sindacati, in stretta sintonia con la base sociale dell'Unione, ha permesso di raggiungere l'obiettivo che ci eravamo prefissi: fare della manovra economica un atto di equità e di correggerne tagli indiscriminati inaccettabile». Partita vinta, dunque? Mica detto. «L'impianto della manovra non si tocca - continua Ferrero - dalle aliquote al Tfr all'Inps, aggiustamenti sono possibili. Ma dentro la maggioranza, non certo fuori». Industriali e commercianti, artigiani e professionisti sono inviperiti, però. «Confindustria parla con la bocca piena», taglia corto Ferrero: «hanno avuto il taglio del cuneo fiscale e più soldi alle imprese. Ha perso la linea del rigore». Ecco, appunto.


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