Riformista: Giovani inglesi a scuola di capitalismo
UK. VERSO UN’ISTRUZIONE PIÙ MANAGERIALE
DI MAURO BOTTARELLI
Londra. Le scuole? Meglio se gestite da manager che arrivano del mondo del business. Il report commissionato dal governo britannico alla PricewaterhouseCoopers non lascia margini di dubbio: la politica deve rimuovere gli ostacoli - come la burocrazia e la ultra-regolamentazione - che si frappongono tra gli insegnanti e la carriera di preside ma soprattutto deve aprire a figure manageriali per svecchiare a gestione degli istituti, sempre più alle prese con problemi come il budget, il project management e soprattutto le risorse umane. Interpellato dai giornalisti al termine della presentazione del report, Jim Knight, ministro per le Scuole, non ha perso tempo nel rilanciare la strategia voluta fortemente da Tony Blair: «Una scuola moderna richiede leader moderni. Moltissime scuole nel nostro paese affronteranno nei prossimi anni lavori di ristrutturazione che le trasformeranno in “extended schools” destinate a restare aperte all’intera società non solo durante le ore di lezione ma anche nel corso delle vacanze estive. Questo ci obbliga a ripensare i modi non solo di lavorare ma soprattutto di dirigere una scuola. A tal fine l’apporto di persone con lunghi anni di esperienza in campi specifici appare fondamentale mentre resta chiaro che l’insegnamento resterà precluso a chi non sia qualificato».
Un chiaro segnale di rilancio della strategia decisa due anni fa dal governo attraverso un libro bianco per l’ampliamento del modello delle city academies finanziate dai privati fino a 2 milioni di sterline l’anno e gestite con criterio manageriale. Attaccate da sinistra per il rischio di un’eccessiva influenza degli sponsor sui percorsi didattici, queste istituzioni sono infatti il vero e proprio pallino di Tony Blair che ha deciso il loro aumento da 20 a 200 entro il 2010 prevedendo la possibilità che Whitehall obblighi i local councils riottosi a facilitarne l’apertura. Il piano prevede anche la rimozione del potere di controllo sulle scuole da parte delle autorità locali e la possibilità per i presidi, intesi appunto come veri e propri manager, di gestire le scuole in base alle proprie scelte come se si trattasse di un’azienda: in caso di successo, più fondi statali. In caso di fiasco, il licenziamento. Inoltre in onore alla politica del naming and shaming, il Cabinet ha sancito che tutte le scuole con i conti non in regola avranno dodici mesi - e non più da 18 mesi a sei anni - per mettersi a posto: altrimenti verranno chiuse e riaperte affidandole a nuovi dirigenti e responsabili provenienti da istituti coi migliori risultati o da aziende private. Non è un caso poi che la PricewaterhouseCoopers abbia pubblicato, poche settimane fa, un altro report in base al quale si evinceva che nove genitori su dieci erano felici delle city academies frequentate dai figli. Una campagna mediatica e di riforma senza precedenti che ha immediatamente fatto scendere sul piede di guerra il sindacato nazionale degli insegnanti, il cui leader Steve Sinnott ha dichiarato che «questo tentativo di scindere il ruolo docente da quello di gestione dell’istituto affidandosi a personale esterno non farà altro che peggiorare le cose. Il fatto è che il governo disincentiva volutamente il passaggio da insegnante a preside con un’ossessiva messe di regole e burocrazia e attraverso una politica salariale inadeguata rispetto agli oneri che gravano su un capo di istituto».
Insomma, divisione su tutta la linea ma questo non sembra preoccupare Downing Street: voci circolate nel pomeriggio di ieri, ancora da confermare, vorrebbero il primo ministro intenzionato ad accelerare al massimo la discussione sulla possibilità per chi non ha un curriculum di insegnante di conseguire il National Professional Qualification for Headship, titolo necessario per divenire preside in Gran Bretagna. Insomma, per gli studenti inglesi il futuro potrebbe diventare molto simile a quello dei colleghi statunitensi: la scuola diverrà azienda e come tale sarà gestita, in ossequio al mercato e alla meritocrazia. Quindi, imparare il capitalismo e le sue regole potrebbe divenire materia obbligatoria e fondamentale: meno Keats e Shakespeare, più Friedman e Hayek se volete che dopo la scuola il vostro destino non sia quello degli attuali presidi.