Riformista: Cari colleghi, apriamo gli atenei al governo e soprattutto risaniamo le nostre università
DI GUIDO FABIANI
IL CAMBIAMENTO COMINCI DA NOI
Non mi appassiona il dibattito su chi ha vinto a Caserta. Mi preoccupa, invece, che non ne sia emersa, nonostante le dichiarazioni di rito, una visione di governo unitaria, non dico compatta, sul che fare e su come farlo. Il Paese è ancora disorientato dalle dimensioni e dalla pesantezza della manovra e non riesce a percepire un profilo riformatore complementare alla pur necessaria azione di risanamento dei conti pubblici. Senza contare che le diffuse incertezze rendono problematiche le prospettive di future aggregazioni politiche.
Certamente l'incontro di Caserta è stato caricato di troppe aspettative programmatiche, mentre è risultato solo un momento di “registrazione”, peraltro non concluso, degli equilibri politici interni alla maggioranza. Si è sbagliato da parte dei maggiori protagonisti a non mettere in chiaro la complessità della situazione e la necessità di approfondirla, preferendo invece gareggiare in preventive dichiarazioni programmatiche ancora non condivise, forse per guadagnare vantaggi mediatici o mettere a segno qualche punto che rendesse più “pesante” la propria posizione. Comunque a me sembra evidente che bisogna prendere atto dello scenario determinato dalla manovra finanziaria fidandosi, fino a prova contraria, delle promesse di atti concreti del governo per ricollocare il sistema Italia sul binario di uno sviluppo innovativo e socialmente equilibrato.
E allora, guardando alla conclusione dell'incontro dal punto di vista della politica universitaria, a me sembra che non sia di poco conto che ai primi posti tra le “direttrici” della politica di governo sia stata considerata la ricerca e l'istruzione. Questo dovrebbe significare che non ci si è dimenticati del programma elettorale e che ha probabilmente avuto qualche efficacia l'azione condotta da più parti nei mesi scorsi a sostegno delle esigenze di questo settore fondamentale per gli interessi del Paese. D'altronde, recentemente anche il ministro Padoa-Schioppa, pur denunciando la pesante presenza di “posizioni di rendita”, aveva sostenuto che la “parte sana” dell'università e della ricerca sono risorse da valorizzare come leve della crescita dell'economia nazionale.
Si parte, quindi, rispetto allo scorso dicembre, da una situazione diversa, anche per i positivi segnali di ripresa economica e per il quadro relativamente migliore delle entrate. Ciò significa che è legittimo aspettarsi che si lavori da subito a un progetto di sviluppo del sistema universitario nazionale. Il mondo dell'università e della ricerca non deve lasciarsi sfuggire questa occasione. In primo luogo, come ho già sostenuto altrove, la esasperata presa di posizione per la sospensione degli inviti ai membri dell'esecutivo si deve trasformare subito in una dichiarazione di porte aperte agli uomini di governo. Vengano negli atenei non solo per occasioni di eventi istituzionali e congressuali. Visitino i laboratori, le biblioteche, le aule durante le lezioni, i luoghi dove si incontrano gli studenti. Verifichino da vicino le nostre esigenze e quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, anche per criticarci, ma sulla base di motivi concreti e non delle saccenterie di qualche opinionista tuttologo.
Allo stesso tempo, però, è giunto il momento di rendere decisamente evidente la volontà del mondo accademico di mettere mano ad una azione di risanamento interno. Dobbiamo assumere un ruolo positivo, accettare la nostra parte di responsabilità nella gestione del cambiamento, operare con un dippiù di impegno, di senso etico, di ansia di qualità, di rispetto del merito. Dobbiamo isolare e sanzionare i casi che portano discredito agli atenei, procedendo anche a una revisione profonda della didattica con eliminazione delle storture e del frazionamento dei corsi, ponendo grande attenzione alle lauree specialistiche e ai corsi di dottorato. È altrettanto necessario impegnarci a modificare nel giro di un quinquennio la piramide per età a favore dei ricercatori e dei docenti più giovani.
Il governo da parte sua deve impegnarsi a impostare, con la nostra responsabile partecipazione, trasparenti meccanismi di valutazione e verifica delle carriere dei docenti, della qualità delle prestazioni e del funzionamento generale degli atenei. C'è bisogno di strumenti normativi snelli che prevedano forme di governance per garantire efficienza e buon governo delle risorse pubbliche, e che definiscano, a valle della valutazione, certezza di risorse per il funzionamento, lo sviluppo e la valorizzazione della qualità degli atenei.
Solo in questo modo si può chiedere al Paese e alle forze politiche (tutte!) un patto sociale e culturale per un progetto di sviluppo dell'università di rango europeo. Un progetto che metta al primo posto la valorizzazione dei talenti e delle energie dei giovani.
Rettore Università Roma Tre