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Riforma Profumo su l’Istruzione: II “merito”, Don Milani e Fernando Alonso

A prescindere dalle metafore automobilistiche, l’istruzione pubblica non dovrebbe essere mai una corsa con dei premi alla fine

06/06/2012
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Ho la patente da 8 anni. Ho percorso più di 20mila chilometri per ogni anno di patente e ho preso anche qualche multa per eccesso di velocità. Insomma: un italiano medio al volante. Non sono un pilota, non ci vado nemmeno vicino, semplicemente: so guidare. Domani però avrò l’onore di correre per la prima volta in un autodromo, in un circuito di corsa per macchine. Farò una gara a due contro Fernando Alonso: lui ha quattro anni più di me, è in testa al mondiale di formula uno e ne ha vinti già due in carriera. E’ un pilota professionista, dicono uno dei più forti di sempre della storia della Formula 1. Indovinate chi vincerà la gara? La risposta sembrerebbe scontata: Alonso. Invece non è detto. Si può definire con sicurezza chi arriva primo ad una corsa senza sapere con che auto, entrambi, affronteremo la gara? Infatti: domani io correrò con una Ferrari, lui con una FIAT Ritmo. Faremo cinque giri di pista e, seppur lui sia anni luce più bravo di me a guidare, i mezzi che io ho a disposizione rischiano di essere decisivi sull’ordine d’arrivo al traguardo. Ora: nel caso vincessi io la gara,il premio per il miglior pilota a chi è giusto che vada? A me o ad Alonso? Chi è davvero più bravo, viste le condizioni di partenza?

Naturalmente domani non avrò nessuna gara di auto, non guiderò Ferrari, non sfiderò Alonso. Però ogni volta che qualche politico, opinionista o Ministro tecnico, inizia ad usare in modo demagogico la parola “merito” e sentenzia “bisogna premiare i migliori e i più veloci nel percorso formativo”, mi viene in mente una corsa automobilistica.
L’immagine dell’ autodromo non è stata scelta a caso. L’Italia è un Paese che gira a diverse velocità, soprattutto negli ultimi anni, soprattutto con l’arrivo della crisi. E le grosse differenze sociali, nel nostro Paese, sono anche il risultato di un’istruzione pubblica che ha perso l’indirizzo dell’articolo 34 della Costituzione. I nostri padri costituenti pensarono, giustamente, che scuola e università dovessero essere il piede di porco per scardinare le differenze economiche e sociali, e che la conoscenza dovesse essere la fune per far funzionare l’ascensore sociale nel nostro Paese. Qualcosa si è inceppato da qualche anno, e qualcosa si è rotto con l’avvento del ministro Gelmini al MIUR. La fotografia dell’Italia ora, è impietosa: ultimi in Europa per numero di laureati ogni cento abitanti, con un ascensore sociale quasi immobile, fanalino di coda europeo per quel che riguarda investimenti in scuola e università e per finanziamenti nel diritto allo studio. E i tagli più grossi nel diritto allo studio devono ancora arrivare: grazie alla Gelmini nel 2013 la mannaia sarà del 95%, riducendo i fondi a delle briciole e, nei fatti, non esisterà più il diritto allo studio. Il tutto, evitando di far un passo indietro e parlare di un altro dramma sociale: la dispersione scolastica italiana, con più di uno studente su quattro (da nord a sud) che lascia la scuola prima dei 16 anni, senza più rientrare in nessun percorso formativo.
E che spazio può avere in Italia la meritocrazia, che tanto manca in un Stato gestito a spintarelle e raccomandazioni? Poco, come dimostrano i 174mila studenti universitari che (negli ultimi 5 anni) idonei per criteri di reddito e-guarda un po’- di merito, nel nostro Paese hanno diritto per Costituzione alla borsa di studio universitaria ma non la ricevono per mancanza di fondi. L’Italia è l’unico Paese al mondo che ha questa incredibile e scandalosa situazione. Ci viene da chiedere: caro Ministro Profumo, questi studenti MERITANO di essere trattati così? MERITANO l’abbandono del Governo, di essere nei fatti degli studenti esodati abbandonati dallo Stato in un limbo senza welfare? MERITANO oltre al danno di non ricevere la borsa di studio, anche la beffa di un provvedimento come quello che Lei presenterà mercoledì e punta tutto sul “merito”? Perché non partire da loro, per iniziare a risolvere i problemi dell’istruzione italiana?

A prescindere dalle metafore automobilistiche, l’istruzione pubblica non dovrebbe essere mai una corsa con dei premi alla fine. L’Istruzione pubblica dovrebbe essere basata su dei principi di inclusione, e non di selettività, dovrebbe cercare di far crescere la media delle competenze e delle conoscenze di tutti, e non alimentare le differenze al proprio interno abbandonando chi, per mille ragioni, può restare leggermente indietro. L’Italia invece ha e va sempre di più verso un’istruzione che invece di appianare le differenze economiche e sociali con un vero supporto statale, le aumenta, preoccupandosi più delle eccellenze che ad un’istruzione di massa. E così facendo, l’ascensore sociale continuerà a restare fermo, le differenze economiche peseranno sempre di più nella vita quotidiana dello studente e quelle sociali si amplieranno, inevitabilmente e inesorabilmente.
Prima di nascondere i veri problemi dell’istruzione italiana sotto ad un tappetto demagogico di “merito e selezione” suggeriamo a Profumo, di leggersi qualche libro di Don Milani, che con quel suo motto “Non si può far parti uguali tra diseguali” nasconde una rivoluzione per il nostro sistema d’istruzione e una rivoluzione per la nostra società. Fino al momento in cui lo Stato non si impegnerà davvero per colmare le differenze economiche e sociali tra studenti diversi, tra studenti diseguali, non si deve lasciare il minimo spazio alla demagogia politica del “merito”. Vogliamo tutti imparare il più possibile, vogliamo tutti concentrarci sugli studi e non su come mantenere noi e la nostra famiglia, vogliamo partire tutti con gli stessi mezzi, con la stessa auto. Perché noi studenti siamo il futuro di questo Paese e perché gli studenti italiani MERITANO questo, ed altro.

* Coordinatore Nazionale Unione degli Universitari

 


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