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Rientro a scuola a settembre 2020. I sindacati: «Non ci sono le condizioni, senza un intervento straordinario»

Il segretario della Cgil Scuola Francesco Sinopoli: «Il tempo scuola si ridurrà e si tornerà alla didattica a distanza»

17/07/2020
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Corriere della sera
Riaprire le scuole a settembre? Senza un intervento straordinario del governo per garantire le risorse necessarie, soprattutto quelle umane, non sarà possibile. Se non a prezzo di pesanti tagli d’orario e con il ricorso sistematico alla didattica a distanza. E’ questo l’allarme lanciato questa mattina - all’unisono - dai sindacati della scuola, sempre più in rotta di collisione con la ministra Lucia Azzolina. A meno di due mesi dalla riapertura (promessa) delle scuole, presidi, assistenti amministrativi e bidelli trascorrono le loro giornate con il metro in mano, misurando e spostando banchi e arredi, mappando aule, palestre, laboratori e corridoi: insomma tutti gli spazi recuperabili per far posto agli studenti rispettando le regole del distanziamento imposte dall’emergenza sanitaria. Ma per quanti sforzi facciano, allo stato, come riconosciuto dalla stessa ministra, non c’è posto per un 15 per cento di alunni italiani, 1,2 milioni di bambini e ragazzi. Una situazione che il leader della Cgil Scuola Francesco Sinopoli sintetizza così: «Oggi le condizioni per cui le scuole riaprano in presenza non ci sono: inutile continuare a raccontare che le cose vanno bene, bisognerebbe essere onesti. A causa del ritardo con cui il confronto è iniziato e della scarsità delle risorse la situazione delle scuole è drammatica. I dirigenti scolastici sono a caccia di spazi; serve un organico straordinario che al momento non c’è».

L’allarme dei sindacati

Sinopoli ha parlato nel corso della conferenza stampa «La scuola si fa a scuola» promossa da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda della scuola. «La preoccupazione che sta nascendo - ha proseguito - è che, poiché il tempo scuola si ridurrà, si tornerà alla didattica a distanza. Noi sindacati vogliamo che si ritorni a scuola, non vogliamo soluzioni diverse. Abbiamo bisogno di un decreto legge sulla scuola. Il governo deve dire con chiarezza che bisogna riaprire la scuola in presenza», ha concluso il sindacalista. La ministra Azzolina si è impegnata a chiedere al Mef 80 mila nuovi docenti (tanti sono i posti liberi quest’anno), ma per riempirli mancano i candidati, soprattutto al Nord dove alcune graduatorie sono esaurite da tempo. «Azzolina mente sapendo di mentire - ha rincarato la dose Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola -: chiedendo 80 mila posti non può illudere le famiglie facendo credere che ci saranno 80 mila assunzioni». Già l’anno scorso di 53 mila nuove assunzioni autorizzate dal ministero dell’Economia meno della metà (25 mila) sono andate a buon fine. Mancano docenti di matematica e italiano alle medie, mancano insegnanti di sostegno, sia fra i precari storici che nelle graduatorie dei concorsi, che in questi ultimi due anni sono rimasti impigliati ai cambi di governo e alla girandola dei ministri dell’Istruzione: il primo - quello straordinario per 32 mila nuovi prof delle medie e delle superiori - dopo infiniti rinvii, dovrebbe svolgersi in autunno (le iscrizioni si sono appena aperte) ma non porterà in cattedra i vincitori prima di settembre 2021.

Mancano soldi, docenti e bidelli per riaprire le scuole in sicurezza

Secondo il calcolo dei sindacati, con i soldi stanziati finora (1,4 nel dl rilancio cui Azzolina ha promesso di aggiungere un ulteriore miliardo) si potrebbero assumere a tempo determinato, cioè da settembre a giugno, poco più di 56 mila docenti e 16 mila Ata, che suddivisi fra gli 8 mila istituti scolastici italiani corrispondono a 7 insegnanti e 2 fra assistenti amministrativi e bidelli in più per scuola. I primi basterebbero a garantire al massimo 30 ore settimanali in più per 5 gruppi scolastici aggiuntivi alle elementari e 4 alle medie e alle superiori. I secondi non riuscirebbero ad assicurare nemmeno le operazioni di pulizia e igienizzazione previste dal Protocollo Sanitario. E comunque le indicazioni del ministero in questo senso non sono univoche. Il direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio Rocco Pinneri, ad esempio, pochi giorni fa ha inviato una lettera ai presidi invitandoli a rifare i conti di banchi e spazi e a non ricorrere alla divisione delle classi con conseguente richiesta di prof in più.

Non solo banchi

Né è bastato a tranquillizzare i sindacati l’annuncio del super appalto per 3 milioni di nuovi banchi monoposto affidato al commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri. «Mentre la casa brucia - ha detto il segretario della Uil Scuola Pino Turi - la ministra si preoccupa di chiamare l’arredatore. Ma bisogna innanzitutto chiamare i vigili del fuoco, siamo in emergenza. Mi sembra non ci sia questa consapevolezza. Mi auguro di sbagliare ma abbiamo idea che sul territorio ci sia grande nervosismo. Servono più spazi, una riduzione di alunni per classe e più docenti». Nel Lazio - ha detto Turi - ci sono 80 scuole sottodimensionate». Non a caso nelle linee guida dell’Usr regionale, pur di guadagnare dei posti in più, si consiglia ai presidi di rinunciare alla cattedra sostituendola con un banco accostato al muro. La ministra ha evocato più volte la possibilità per gli enti locali (proprietari delle scuole) di stringere accordi con cinema, sale di musica e musei o di recuperare caserme e scuole dismesse, ma a meno di due mesi dalla data di riapertura c’è tempo solo per interventi di edilizia leggera, al massimo per delle tensostrutture in cortile, non certo per rimaneggiamenti importanti come quelli che sarebbero necessari per rendere agibili e sicuri spazi chiusi da tempo. Non sorprende che a Roma ci sia perfino chi si è rivolto al Quirinale chiedendo delle sale in prestito per fare lezione.


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