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Ricorsi lenti, pensione lontana

Salvo dalla riforma Fornero solo chi nella scuola ha maturato i requisiti entro lo scorso dicembre. Poche chance per quanti speravano di ottenere la specificità

26/06/2012
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ItaliaOggi
 
 
di Franco Bastianini

Si sono ridotte al lumicino le probabilità che i docenti e il personale educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario possano - in deroga ai rigidi paletti introdotti dall'articolo 24 del decreto - essere autorizzati ad andare in pensione dal 1° settembre 2012. Si tratta dei lavoratori della scuola che matureranno entro il 31 agosto 2012 i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa previgente all'entrata in vigore del decreto legge 201/2011(riforma Fornero) per accedere alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata (65 anni di età per la pensione di vecchiaia degli uomini e 61 anni per quella delle donne, unitamente a non meno di 20 anni di contribuzione, oppure quota 96 per la pensione anticipata).

Il personale, che entro lo scorso 30 marzo avevano presentato domanda di cessazione dal servizio con effetto dal 1° settembre 2012, ma a condizione che fosse riconosciuto il diritto al trattamento pensionistico, si è visto infatti respingere la domanda con la motivazione che alla data del 31 dicembre 2011 non aveva maturato i requisiti richiesti dalla normativa vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto legge 201/2011( riforma Fornero), requisiti che invece avrebbe maturato entro il 31 agosto 2012.

I tempestivi ricorsi presentati al tribunale amministrativo del Lazio, che avrebbero dovuto essere esaminati nell'udienza fissata per lo scorso 6 giugno, non solo non sono stati esaminati nel merito ma il loro esame è subordinato alla verifica della competenza del giudice che li deve esaminare.

 

Nell'udienza fissata per il prossimo 4 luglio si dovrebbe sapere se tale competenza spetti ai giudici amministrativi o a quelli ordinari. Tempi lunghi, pertanto, che escluderebbero, anche se le tesi dei ricorrenti fossero accolte, la possibilità del pensionamento dal 1° settembre 2012.

Analoghe le considerazioni sui tempi che si possono fare in merito ad un disegno di legge presentato nei giorni scorsi dal Pd (al senato Mariangela Bastico e alla camera Manuela Ghizzoni) con il quale i due parlamentari fanno proprie le tesi sostenute sia dagli interessati con i ricorsi che dalle organizzazioni sindacali.

Nel disegno di legge i due parlamentari sostengono, in particolare, che l'articolo 24 del decreto legge 201/2011, nel fissare anche per il personale della scuola la data del 31 dicembre 2011, quale termine entro il quale si dovevano possedere i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa previgente per accedere al trattamento pensionistico di anzianità, non aveva tenuto in alcuna considerazione l'atipicità del comparto il cui contratto di lavoro è legato all'anno scolastico e la data del pensionamento è esclusivamente quella del 1° settembre, a differenza cioè, di quanto avviene per tutti gli altri lavoratori dipendenti.

«Abbiamo deciso di presentare il disegno di legge», hanno spiegato la Bastico e la Ghizzoni, «affinché venga riconosciuto un diritto al personale della scuola. Non stiamo difendendo un privilegio, ma un diritto soggettivo legato proprio alla specificità della organizzazione del mondo della scuola. Il 1° settembre, quale data unica per la cessazione dal servizio, hanno ancora sottolineato le due parlamentari, risponde appunto a giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica che le precedenti riforme hanno, peraltro, sempre riconosciuto.

Il disegno di legge non sembrano tuttavia sufficiente, stando a quanto ha dichiarato nei giorni scorsi il vice ministro del lavoro Michel Martone, a convincere il governo Monti ad accogliere le richieste modifiche all'articolo 24.

Rispondendo ad una interrogazione parlamentare in tema, il vice ministro ha infatti precisato che tutte le deroghe in materia di requisiti sono state previste a protezione dei soggetti che, con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, si sarebbero trovati senza retribuzione e senza pensione.

Sempre ad avviso del vice ministro non sussisterebbe alcuna specificità di carattere previdenziale del comparto scuola tale da giustificare una regolamentazione differente rispetto alla generalità dei lavoratori.

 


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