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Ricercatori italiani dei fannulloni? Leggete i rapporti internazionali

Uno dei più recenti – Knowledge, networksand nations. Global scientific collaboration in the 21st century, pubblicato dalla gloriosa (è il caso di dirlo) Royal Society di Londra – mostra come l’attività di ricerca sia enormemente cambiata a scala globale nel corso degli ultimissimi an

27/06/2011
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l'Unità

Dicono che i ricercatori italiani siano dei fannulloni. E dei provinciali. Ma questi noti commentatori non leggono i rapporti internazionali su come va la scienza nel mondo. Uno dei più recenti – Knowledge, networksand nations. Global scientific collaboration in the 21st century, pubblicato dalla gloriosa (è il caso di dirlo) Royal Society di Londra – mostra come l’attività di ricerca sia enormemente cambiata a scala globale nel corso degli ultimissimi anni. Sono aumentati gli investimenti: del 45%tra il 2002al 2007. Sono aumentati i ricercatori: da 5,7 a 7,1 milioni (+19,7%). È aumentata la produzione scientifica: gli articoli su riviste con peer review sono passato da 1,09 milioni a 1,58 milioni (+45,0%). È aumentato il tasso di internazionalizzazione: tra il 1996 e il 2007 il numero di articoli frutto di una collaborazione tra scienziati di paesi diversi è passato dal 25% al 35%. È aumentato il novero dei paesi dove si fa scienza: ormai è la Cina il paese che ospita più scienziati al mondo (1,5 milioni; contro 1,4 degli Usa e 1,3 dell’Europa). Tutto questo scenario dinamico ha avuto effetti profondi. Per esempio è diminuito il peso relativo dell’Europa. E persino degli Stati Uniti: nel periodo 1999-2003 gli scienziati Usa hanno prodotto il26%degli articoli scientifici totali; nel quadriennio successivo ne hanno prodotto solo il 21%. In questo tsunami scientifico la comunità scientifica italiana ha mostrato una buona capacità di adattamento. Ha aumentato la produttività scientifica al ritmo del 4% annuo: nessuno tra i paesi delG8ha fatto meglio. Ha conservato la quota mondiale di articoli scientifici prodotti: il 3,5%. Ha aumentato il tasso di internazionalizzazione: nel 1996 solo il 27% dei lavori firmati da italiani aveva un partner stranieri, nel 2008 la quota è passata al 40%. Il resto del paese negli ultimi 20 anni non ha fatto altrettanto. Ese invece di descriverli come fannulloni provinciali, li considerassimo come l’unica parte del paese che si misura quotidianamente con successo col resto del mondo e li assumessimo a modello? PIETRO GRECO


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