Ricerca, Profumo si ribella al Tesoro
Insomma, se c’è bisogno di risparmiare, che almeno non si spari nel mucchio
«Dobbiamo dare un contributo al Paese che è in grande difficoltà: siamo disponibili a farlo ma vogliamo essere noi a dire quali sono gli enti che hanno la possibilità di dare maggiori contributi. Il fatto che ci si dica dove tagliare non è la strada corretta». Lo ha detto il ministro della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca (Miur) Francesco Profumo a proposito della spending review. Insomma, se c’è bisogno di risparmiare, che almeno non si spari nel mucchio. Il ministro, che nei giorni scorsi ha incontrato i presidenti dei 12 enti di ricerca controllati dal suo dicastero, si prepara dunque a lavorare su un doppio binario: con il Parlamento per ridurre il più possibile l’entità della “revisione” di spesa, e con gli enti stessi con i quali a settembre aprirà un tavolo per un percorso condiviso. Decidano i diretti interessati, questo il metodo giusto per procedere secondo Profumo che piuttosto che di tagli preferisce parlare di “razionalizzazione” finalizzata a una maggiore efficienza degli enti vigilati e a una maggiore competenza che permetta a loro e agli atenei di mettere le mani su fondi europei partecipando a bandi di gara che spesso vedono l’Italia assente. La partita del Miur è delicatissima. Gli enti in questione vanno dal Cnr all’Istituto di fisica nucleare, dall’Istituto di geofisica all’Agenzia dello Spazio. Da questi ed altri ci si aspettano risparmi per 33 milioni entro la fine dell’anno. Ma da tutto il sistema-ricerca, quindi anche da enti controllati da altri ministeri (Istat, Istituto superiore di sanità, Enea Isfol e altri), il “contributo” atteso è di 88 milioni a regime dall’anno prossimo. Il tempo per presentare emendamenti al decreto scade giovedì. Sono iniziate intanto le proteste. Venerdi sono stati i ricercatori dell’Istat ad occupare la sala stampa della sede di via Balbo preoccupati per le conseguenze che la spending review può avere sul loro istituto e su tutta la ricerca italiana. Timore condiviso dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini: da gennaio, ha detto, «non riusciremo ad assolvere alla nostra funzione: fornire dati di qualità, affidabili, tempestivi»