Riaprire la scuola senza abbandonare nessuno
Il tema delle alunne e degli alunni più fragili deve essere assunto come una delle priorità nel dibattito di questi giorni: pensare a loro è essenziale
Andrea Morniroli
"Ciao, che classe hai fatto?". "La prima elementare". "E come è andata?" "Non lo so, perché è iniziata ma non so se è finita". Questo è un dialogo vero, tra un'educatrice di un laboratorio di contrasto alla povertà educativa e una bambina che abita nell'area di Porta Capuana a Napoli. Nella risposta della bimba c'è tutto lo spaesamento di milioni di bambine e bambini, di ragazze e ragazzi che hanno visto interrompersi bruscamente la realtà a cui erano abituati e, insieme, tutti gli interrogativi di chi è consapevole di dovere fare i conti con un futuro che sarà caratterizzato dall'incertezza, dalla fatica di dover ogni giorno rapportarsi con un’incognita.
Sappiamo, perché lo dicono con chiarezza le persone che nella scuola e con la scuola lavorano, che a pagare il prezzo più alto e duro dell'improvvisa cesura del quotidiano e della sospensione di relazioni che ne è seguita, sono state/i le alunne e gli alunni più fragili. Infatti, i primi dati ci dicono che la pandemia ha aumentato e reso più dense le povertà educative; ha allargato le aree del fallimento formativo e di esclusione precoce dai percorsi scolastici e educativi; ha incrementato e reso più evidenti – e ingiusti - i divari tra periferie affaticate da esclusione multi-fattoriale e zone più protette delle città, così come tra aree interne e aree urbane e tra Nord e Sud.
Se nella crisi dei mesi scorsi tutto questo in qualche modo può essere spiegato – anche se non giustificato perché segnale evidente di un'incapacità della scuola di essere davvero capace di accogliere chi fa più fatica - con la sorpresa rispetto ad una crisi anomala e inaspettata, che nessuno di noi poteva qualche mese prima anche solo immaginare, oggi invece, rispetto al probabile ripresentarsi di nuove crisi che potremmo definire “attese”, il ripetersi di tali effetti sarebbe ingiustificabile e colpevole. Occorre da subito, anche imparando dai luoghi e dalle esperienze che meglio hanno funzionato in questi mesi, programmare interventi in grado di prevenire e arginare i fenomeni della dispersione scolastica e del fallimento formativo.
Sapendo, pur senza confusione di ruoli e responsabilità, che la questione non può essere risolta scaricando le colpe sull'altro, in modo competitivo e irresponsabile perché la vera sfida per ognuno e ognuna di noi, come ci ricorda Franco Lorenzoni, è interrogarsi da adulti sulla nostra capacità di rendere concreto il dovere di tutelare i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, a partire dal garantire a tutte e tutti le stesse opportunità di accesso al sistema scolastico ed educativo.
Per tali ragioni il tema delle alunne e degli alunni più fragili deve essere assunto come una delle priorità nel dibattito sulla riapertura delle scuole. Un dibattito che invece fino ad ora sembra essere esclusivamente centrato sulle pur necessarie e altrettanto importanti questioni tecniche che riguardano spazi, locali, distanziamenti e norme atte a garantire la sacrosanta sicurezza di tutti gli attori che la scuola la fanno e la vivono. Ma se tutto questo è giusto, diventa assai rischioso se non tiene conto, parallelamente e da subito, delle misure necessarie per fare in modo che la scuola futura sia davvero di tutti e tutte e per tutte e tutti, a partire proprio da chi fa più fatica ed è in condizione di difficoltà: alunni/e diversamente abili, con background migratorio, in condizione di grave povertà educativa. Insomma, l'attenzione alle regole e alla sicurezza è necessaria ma rischia di diventare ingiusta se l'aspetto pedagogico viene completamente sacrificato all'approccio securitario.
Pensare la nuova scuola anche a partire dalla sua capacità di accoglienza di alunne e alunni più fragili diventa oggi essenziale. Non solo perché, come l'esperienza insegna, saper accogliere chi fa più fatica produce un contesto più bello e di benessere per tutte e tutti, ma anche perché di fronte alla crisi di enorme magnitudo che ha colpito e continuerà a investire in modo duro la società italiana e la scuola - accentuando le differenze tra cittadini/e in generale e tra bambini e ragazzi/e e tra scuole e scuole - è fondamentale ripartire dal senso che la Costituzione assegna alla scuola pubblica e repubblicana, e cioè quello di essere istituzione fondamentale per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Non si possono rimuovere le disuguaglianze o proporre economie giuste se il diritto alla scuola e alla conoscenza smette di essere assunto come responsabilità collettiva, come bene comune e universale, come condizione per lo sviluppo e non suo esito.
Andrea Morniroli, gruppo educazione Forum disuguaglianze diversità