Resto del Carlino: «Mattanza negli atenei, l’Italia deve scuotersi»
Mussi: «A rischio la ripresa economica del Paese»
di RENATA ORTOLANI
— BOLOGNA —
«IL PAESE si deve dare una mossa, serve una scossa o l’Italia non si riprenderà mai stabilmente», avverte senza mezzi termini Fabio Mussi, ministro dell’Università, al gran consulto sui dati (diffusi e commentati dal nostro giornale nei giorni scorsi) che mostrano, con le cifre elaborate da Almalaurea, quanto inospitale sia il mercato del lavoro verso i giovani laureati. Accanto a Mussi ci sono il premier Romano Prodi, il titolare del ministero del Lavoro, Cesare Damiano, il rettore bolognese Pier Ugo Calzolari e Fabio Roversi Monaco. Ma è Mussi che, come gli compete, raccoglie e amplifica il grido di dolore dei tanti laureati senza lavoro e di quelli umiliati da occupazioni precarie e malpagate. Una situazione che il ministro arriva a definire «una mattanza» quando parla del «ritorno della tendenza dei fuori corso e dei 21,5 studenti su cento persi fra il primo e il secondo anno di Università».
Ministro Mussi, dobbiamo concludere che la laurea non serve?
«No, no. Serve eccome. Il problema è che il laureato italiano ha molte meno probabilità di trovare una occupazione stabile del suo omologo europeo».
Ma di chi è la colpa?
«Principalmente del nostro mondo del lavoro, fatto soprattutto di aziende piccole e medie e con una bassa composizione intellettuale. Insomma: le imprese cercano molti analfabeti, e a peggiorare la situazione c’è la scarsa propensione a investire in ricerca e sviluppo. Fa paura il 2,3% di investimenti sul valore aggiunto, cioè sulla nuova ricchezza, contro la media europea che è del 5,5%, quella americana che tocca l’8,7%, e quella giapponese che è a quota 9,6%».
Così si spiegano le migliaia di precari che portano avanti quasi tutti i settori produttivi?
«Sì. La vera miniera del lavoro precario però è la pubblica amministrazione, a cominciare proprio dall’Università. Se sparissero i precari dovrebbe chiudere bottega: si regge su un vasto esercito di servi della gleba che sono al di sotto di tutto. In più, il precario dipende spesso non dal cittadino ma dal sindaco, dall’assessore o dal dirigente, che può rinnovargli il contratto. Questo è grave, perché mette in dubbio anche il principio costituzionale della terzietà della pubblica amministrazione».
I servi della gleba, già molte volte in passato, si sono ribellati e affrancati. C’è speranza per i neolaureati nostrani?
«Sì. C’è uno spiraglio nella Finanziaria e nella manovra di governo che, per prima cosa, ha rimesso in ordine i conti. Negli atenei arriveranno fondi per la ricerca e per la formazione: io credo che sia necessario investire sull’ Università, sulla qualità che produce e sull’atteggiamento del mondo economico».
Parlare di formazione significa anche parlare dei docenti e dei concorsi a cattedra. Ha intenzione di cambiare il sistema concorsuale al centro di tanti attacchi?
«Sì. E’ già quasi pronto il progetto che ci allineerà, finalmente, agli altri Paesi europei. Si tratta di una modalità che sposta il baricentro del sistema dei concorsi sulla valutazione, sulla verifica de lle competenze e dei risultati. Al centro di questo nuovo modello, che sarà pronto entro l’estate, c’è, appunto, una Agenzia di valutazione».
E come valuta le recenti vicende accademiche bolognesi condite con bossoli e minacce fisiche?
«Ho dato mandato all’avvocatura dello Stato di costituire il mio ministero parte civile. Oltre alla violazione della legge, il danno che si produce con questi episodi all’Università è enorme. Se posso, a quelli che dovessero risultatre i colpevoli, la farò pagare cara. E in tutti i casi di malauniversità, come parte civile, io ci sarò».