Resto del Carlino-lettera di Garagnani
Quel telefono 'brucia' Gentile Direttore, la mia iniziativa del telefono amico della scuola ha scatenato la rabbiosa reazione della sinistra, che non ha esitato a rispolverare la grancassa del...
Quel telefono 'brucia'
Gentile Direttore,
la mia iniziativa del telefono amico della scuola ha scatenato la rabbiosa reazione della sinistra, che non ha esitato a rispolverare la grancassa della disinformazione e della denigrazione sistematica. Ed è proprio perché sono state raccontate in queste ultime settimane tante falsità che sento il bisogno di scrivere queste righe.
Di quali falsità parlo? Di due in particolare, che sono poi quelle che hanno creato scandalo. Fondato sul nulla, dunque. La prima è che io mi nasconderei dietro un telefono per compilare la lista degli insegnanti che "parlano male" di Berlusconi. Offensivo e ridicolo. Ripeto per l'ennesima volta che il sottoscritto e i suoi collaboratori che in questi giorni hanno risposto al telefono non hanno mai ricevuto e men che mai chiesto alcun nome di docente. Nessuna lista di proscrizione è mai esistita e l'idea non mi è mai passata per la testa.
L'altra bugia trasformata in verità a prescindere riguarda i nostri interlocutori. Nessuno si è mai nascosto dietro l'anonimato, e chi ha provato a farlo è stato cortesemente congedato. Un'altra inesattezza, ma veniale, riguarderebbe la definizione di telefono verde. Il nostro non lo è mai stato e chi ci ha chiamato si è pagato la telefonata.
Obiettivo del telefono amico allora, come ho dichiarato fin dall'inizio, era capire se il problema politico di insegnanti che in modo continuo, metodico e fazioso, pretendono di offrire ai propri alunni un'opinione preconfezionata (contro la destra o contro la sinistra, poco mi interessa), esisteva oppure no. Resto convinto che la libertà di insegnamento, nella quale credo, non debba mai sconfinare e ledere un'altra libertà che pongo sullo stesso piano della prima: quella di apprendimento. Resto convinto che l'alto e nobile ruolo dell'insegnante si traduca nell'offrire al ragazzo tutti (e sottolineo tutti) gli strumenti culturali affinché si possa formare in piena libertà la sua opinione.
Altro che caccia alle streghe! In poco più di tre settimane, sono giunte ai miei collaboratori più di quattrocento segnalazioni. Tutte, e dico tutte, portavano "in dote" tensioni e preoccupazioni, oltre alla certezza di trovarsi in un vicolo cieco.
È vero, si tratta di problemi antichi, sui quali i responsabili scolastici non hanno mai neppure tentato di mettere mano. Ma sono problemi ancora attualissimi, che attanagliano centinaia (se non migliaia) di genitori, molti dei quali ci hanno voluto testimoniare le loro profonde preoccupazioni. Ai ragazzi vanno offerti tutti gli strumenti culturali per formarsi liberamente la propria opinione, non va servita un'opinione preconfezionata. La nostra scuola deve formare uomini liberi e non "liberti", schiavi del Terzo Millennio alla mercé di ideologie morte e sepolte.
Nessuna delazione, nessuna spia, nessuna caccia alle streghe.
Fabio Garagnani
Caro onorevole,
non mi illudo di riuscire a convincerla dell'errore che sta commettendo, ma, la prego di credere, neppure lei convincerà me del contrario.
In una qualche maniera lei pensa che il fine giustifichi i mezzi e non prende neppure in considerazione che lo stimolo ad un habitus mentale qual è quello della delazione porti danni assai maggiori in una società di quanti non pretenderebbe risolverne. E quindi è per sua stessa natura ostile a qualsiasi processo educativo e formativo. Non mancano esempi terrificanti: giovani che sono arrivati talvolta ad accusare ingiustamente di nefande violenze genitori o insegnanti.
Anche Claudio Magris, sul Corriere della Sera di ieri, le faceva notare, fra il serio e il faceto, quanto paradossale ( e, in un certo senso, pericolosa) sarebbe la nostra vita se si offrisse al bacillo della delazione.
Per questo vorrei ribadire quanto ho avuto modo di ricordare ieri a una insegnante in pensione indignata nei suoi confronti. Che ci siano in giro insegnanti che giocano una loro "privata e scorretta battaglia partitica" lo sappiamo benissimo. Ma siamo convinti che questi sciagurati siano in numero esiguo e che i ragazzi non sono imbecilli.
Il figlio di un mio carissimo amico, ad esempio, si è sentito chiedere dall'insegnante per quale partito votasse il padre: il ragazzo non ha risposto, forse neppure lo sapeva, e il fatto, ancorchè vergognoso, è finito lì.
La scuola, essendo un organismo collettivo, stimola e quindi abitua per sua natura al pensiero critico, anzi è questo un suo preciso "mandato". Ovvio che in una qualche maniera l'insegnamento finisca per "soffrire" (speriamo il meno possibile) di un quantum interpretativo. Ma per questo stesso motivo la scuola finisce per generare al proprio interno validissimi anticorpi. Per non dire che i termini culturali sono difficilmente traducibili in termini politici, anzi partitici, netti.
Per ultimo, onorevole, dal momento che certe ideologie, come lei correttamente sostiene, sono morte e sepolte, lasciamo che stiano là dove sono e non cerchiamo di trovare qualsiasi motivo per farle rivivere...
Marco Leonelli