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Resto del Carlino-La scuola non è un affare di maggioranza

La scuola non è un affare di maggioranza Dal 1995 al 2001 la quota italiana nel commercio mondiale è diminuita del 20%. Nello stesso periodo la crescita economica italiana è risultata la met...

22/10/2002
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Il Resto del Carlino

La scuola non è un affare di maggioranza

Dal 1995 al 2001 la quota italiana nel commercio mondiale è diminuita del 20%. Nello stesso periodo la crescita economica italiana è risultata la metà degli altri paesi industriali. Questa amara realtà non viene modificata con gli scioperi. Va analizzata con raziocinio e serietà da tutte le forze politiche e sindacali. Non a caso l'ex ministro Enrico Letta invita la Cgil, dopo lo sciopero generale a mettere "punto e a capo" ed a riportare il dibattito sul terreno delle proposte più che su quello della protesta.
Il gap italiano è dovuto essenzialmente al più basso "valore del capitale umano" rispetto a quello di numerosi altri Paesi. E' il riflesso di un minor tasso di occupazione (soprattutto femminile), di livelli retributivi inferiori alla media dei nostri diretti concorrenti, di una vita lavorativa più breve a causa di una più bassa età di pensionamento ed al ritardato ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Infine poiché sussiste una correlazione sempre più stretta tra i livelli di istruzione e i livelli di sviluppo raggiungibili, l'Italia sconta su questo versante un pesante ritardo, nonostante i recuperi degli anni '80-90, tra i giovani che ottengono un titolo di studio. Ultimi in Europa per la percentuale di chi ha conseguito un titolo di studio universitario, gli italiani che oggi lavorano e che hanno solo la licenza elementare sono uno su quattro. Soltanto il 42% della popolazione tra 25 e 64 anni ha conseguito un diploma di scuola secondaria di 2° grado. Elevato è il numero di ragazzi anche diplomati senza una qualificazione specialistica e con competenze di base scarse. Mancano tecnici specializzati e laureati. Alti livelli di sviluppo e soddisfacenti standard di vita non sono compatibili con il persistere di bassi livelli di istruzione. Ecco perché la partita della scuola non può essere giocata sul terreno dello scontro, degli scioperi reiterati, delle manifestazioni e domani delle occupazioni e delle autogestioni.
La riforma della scuola non è dunque un affare che riguarda gli addetti ai lavori, ma deve coinvolgere l'intera società civile che punta ad accrescere il valore del capitale umano quale risultato di una diffusione ampia e profonda di saperi, tecniche e competenze. Per questo la progettazione di un moderno sistema educativo e formativo non può essere rimessa alla maggioranza di turno che governa il Paese (che magari smentisce quanto hanno fatto i precedenti governanti) ma postula un impegno corale capace di dare sviluppo alla comunità e prospettive serene ai giovani.
Enzo Martinelli


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