Resto del Carlino-Ha fatto scalpore...
Ha fatto scalpore la decisione della Ha fatto scalpore la decisione della Regione siciliana di far iniziare l'attività didattica dal 1° ottobre, cioè con due o tre settim...
Ha fatto scalpore la decisione della
Ha fatto scalpore la decisione della Regione siciliana di far iniziare l'attività didattica dal 1° ottobre, cioè con due o tre settimane di ritardo rispetto alle altre parti d'Italia. Sembra a prima vista che nella Trinacria si sia fatto il calendario "delle vacanze" piuttosto che quello "delle lezioni". La realtà anche nelle altre regioni, per qualche ordine di scuola, non è migliore. Infatti le giornate complessive di scuola registrano, qua e là, indici che sono anche al di sotto di quelle determinate da Palermo. Secondo le sacre leggi nazionali i giorni di lezione devono essere almeno 200 perchè l'annata scolastica sia valida: corrispondono a 33 settimane e mezzo di scuola. Prima i sovrintendenti scolastici, oggi gli assessori regionali attestano le giornate a qualche unità in più del limite minimo, sapendo che ogni anno gite, elezioni, settimane bianche, giochi studenteschi, occupazioni, scioperi, lectio brevis, ponti e da ultimo l'esercizio maldestro dell'autonomia di qualche innovatore, riducono notevolmente le lezioni previste dal calendario. Capita così che nella scuola elementare dell'Emilia o della Lombardia, le regioni dove si registra il più alto tasso di classi e di tempo pieno, le giornate effettive nelle quali si svolgono le lezioni siano 165-170 all'anno. Infatti l'attività didattica è sospesa anche nella giornata di sabato come nella quasi generalità della scuola materna (che recupera in parte protraendo il funzionamento fino alla fine di giugno). In tutti questi casi i giorni in cui i bambini sono a casa superano di qualche dozzina quelli in cui sono a scuola. Di qui la constatazione scherzosa che fare il calendario delle vacanze è più semplice che quello delle lezioni = tre mesi d'estate, 15 giorni a Natale, 7 a Pasqua eppoi tutti i sabati e le festività. Il resto scuola. In tempi di richiesta generalizzata di minori prelievi fiscali e dunque di riduzione della spesa pubblica, la valutazione fra costo dei servizi e qualità e quantità delle prestazioni degli apparati diventa ineludibile, prescindendo dall'orientamento politico dei governi. Ma questi sono problemi solo della scuola e dell'Esecutivo o anche delle famiglie "che praticano e sollecitano la massima permissività"? Se lo domanda Alberto Ronchey, che pessimisticamente registra come l'incultura sia diventata formazione di massa che moltiplica "disadattati con o senza laurea" proprio per l'indulgenza della scuola e la negligenza delle famiglie. Occorrerebbe riflettere, discutere e soprattutto decidere piuttosto che inalberare cartelli pro o contro il ministro di turno.
Enzo Martinelli