Repubblica-vita bassa dei teenager "stregati dai protagonisti tv"
Migliaia di e-mail sui giovani tra consensi e polemiche L'intervento di Lodoli apre il dibattito sui ragazzi omologati per sentirsi vivi Ma la moda stavolta non c'entra, si discute di valori ...
Migliaia di e-mail sui giovani tra consensi e polemiche
L'intervento di Lodoli apre il dibattito sui ragazzi omologati per sentirsi vivi
Ma la moda stavolta non c'entra, si discute di valori e di aspirazioni mancanti
LAURA LAURENZI
ROMA - La vita bassa per essere qualcuno, per non lasciarsi risucchiare dall'anonimato. E' andato a toccare un nervo scoperto l'articolo di Marco Lodoli uscito l'altro ieri su Repubblica. Infuriano le polemiche su quotidiani, in televisione, su internet, nelle scuole. Amaro, anzi tetro è il paesaggio umano sul cui sfondo si muove la quindicenne studentessa che dice al professore, a Lodoli: "Non ha capito che oggi solo pochissimi possono permettersi di avere una personalità? I cantanti, i calciatori, le attrici, la gente che sta in televisione... tutti gli altri non sono niente e non saranno mai niente... La nostra sarà una vita inutile". E ancora: "Noi possiamo solo comprarci delle mutande uguali a quelle di tutti gli altri, non abbiamo nessuna speranza di distinguerci".
Davvero un paio di mutande griffate, al quartiere Tuscolano di Roma come nel resto d'Italia, può fare la differenza fra essere e non essere, può rappresentare il salvacondotto e garantire una personalità anche se "usata" o "copiata"? Davvero a 15 anni si pensa di poter emergere dal "continente sommerso che mai vedrà la luce" solo aspirando a fare la velina o il calciatore o il Grande Fratello?
Lodoli è tornato a discuterne lunedì sera in tv nella rubrica del Tg3 "Primo piano" confrontandosi con Roberto D'Agostino, il quale ha sostenuto con veemenza tesi diametralmente opposte alle sue. "Lodoli è di un moralismo irritante - dice ora D'Agostino - per dieci anni abbiamo indossato una divisa ideologica con tanto di eskimo e ora andiamo a dire agli altri che non dobbiamo stare in divisa?"
Critiche arrivano anche dal Secolo d'Italia, quotidiano di An, che ieri scriveva: "Siamo alle solite, con i soliti professori para-girotondini che non riescono a trattenere il loro razzismo antropologico per la gente normale, per i ragazzi normali, per quel Paese normale che, pure, dicono di voler rappresentare". L'Avvenire sostiene che "non basta la tv a spiegare il raggelante nulla" dell'allieva di Lodoli: "Quel manifesto nichilista, tanto inconsapevole quanto lucente di vera disperazione, recitato in classe davanti a tutti, ha il senso di una domanda: che qualcuno mi veda, che mi riconosca, che qualcuno mi voglia bene".
Elisabetta Bolondi, insegnante di lettere all'Istituto Carlo Levi al Tuscolano, dunque collega e vicina di Lodoli, osserva che "non tutti gli studenti sono così. Sta agli adulti, agli insegnanti, ai genitori, tirargli fuori le cose che hanno dentro. E che i ragazzi tengono nascoste per desiderio di omologazione ma soprattutto per la paura di essere presi in giro, di essere l'oggetto di sarcasmo dei compagni".
Sul forum aperto da Repubblica. it sul tema "La vita bassa per essere qualcuno" si è riversata un'alluvione di oltre duemila messaggi, scritti soprattutto da adulti, genitori e insegnanti ma non solo. Qualche frase: "Mi sembrate un po' bigotti! Ma uno sarà libero di vestirsi come gli pare?" "Una soluzione c'è: buttate il televisore... Orientate i vostri figli allo studio, alla ricerca, ai valori veri!!!". "Basta sottovalutarci e piangerci addosso... stiamo diventando un "branco" di patetici e di amorfi, forse coloro che si distinguono sono quelli che sanno ancora ridere". Le voci contro sono la maggioranza. "I cantanti, i calciatori, la gente che sta in tv, loro esistono veramente. Bella roba... e tutti gli altri non esistono? Io esisto, e dei famosi della televisione me ne strafrego...". "Gli adolescenti si sentono inutili e insignificanti perché la società continua a trasmettere valori insignificanti". Non mancano parole di speranza: "Alzate la testa ragazzi, non rinunciate al vostro futuro...". Così come non manca il sarcasmo: "Reintroduciamo le uniformi, ragazzi tutti in giacca e cravatta, ragazze con camicette e gonne". Ma l'omologazione a qualcuno sembra una via d'uscita tutto sommato onorevole: "Seguire una moda e scegliere di vestire come la maggior parte dei propri coetanei aiuta a sentirsi integrati in un gruppo".
Numerosissime anche le lettere al nostro quotidiano. Scrive Grazia Russo-Lassner: "Ho rimpiazzato la logica del "ho, dunque esisto", con quella del dare e progettare per sentirsi vivi". Ed esorta: "Professore, la prego, cerchi di diffondere messaggi di ottimismo ai nostri figli". Per Giampaolo Castellano "una ragazza che a quindici anni non sogna non è un modello di giovane di oggi". Carlo Molinaro sottolinea come "nell'adolescenza l'impulso di uniformarsi al gruppo o a un gruppo è fisiologica ed è così da secoli. Crescendo poi si impara, quasi sempre, la splendida unicità della propria irripetibile vita".