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Repubblica: Università, la sfida di Prodi "Per laurearsi 6 mesi all´estero"

Erasmus, compie 20 anni lo scambio tra gli atenei europei La cautela del ministro dell´Università Mussi "È una proposta troppo ardita"

10/05/2007
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la Repubblica

Ilprogetto nato nel 1987 ha fatto studiare fuori dai confini nazionali 173mila giovani italiani
Università, la sfida di Prodi "Per laurearsi 6 mesi all´estero"
la storia
Erasmus, compie 20 anni lo scambio tra gli atenei europei

La cautela del ministro dell´Università Mussi "È una proposta troppo ardita"
MARIO REGGIO

ROMA - «Per prendere la laurea in qualsiasi Paese dell´Europa dovrebbero essere necessari sei mesi di studio all´estero, rendendo obbligatorio il programma Erasmus o con stage lavorativi in azienda nelle pubbliche amministrazioni oppure nel servizio civile». L´idea è venuta al presidente del Consiglio, Romano Prodi, che ieri a Bologna ha partecipato alla cerimonia del ventennale del progetto di scambio di studenti universitari tra i Paesi dell´Unione Europea. Nella replica del ministro dell´Università, Fabio Mussi, alle prese con una stretta dei finanziamenti per gli atenei e la ricerca scientifica, non è mancata una venatura polemica: «È una proposta molto ardita, mi accontenterei di qualcosa di meno. Certo è che bisogna potenziare il progetto Erasmus».
Il programma europeo di mobilità studentesca festeggia a Bologna venti anni di successi: dal 1987 più di un milione e mezzo di giovani, e tra questi 173 mila italiani, hanno usufruito delle borse di studio e dei soggiorni negli atenei degli altri Paesi europei.
I primi universitari italiani, poco più di duecento, sono partiti in treno nel 1988. Oggi, secondo i dati della Commissione Europea, a varcare i confini nazionali hanno un´età media di 23 anni. Poco meno della metà scelgono di stare cinque o sei mesi, ma più del 20 per cento rimane nell´ateneo oltre confine 10 mesi o anche più. Ogni anno sono quasi 16mila le ragazze ed i ragazzi italiani che lasciano la propria casa per avventurasi in Europa. Ma sono ancora pochi. Solo l´8 per cento di quelli che poi si laureano. Il progetto Erasmus, nato nel 1987, partì in sordina. Alla peregrinatio academica aderirono una trentina di atenei dell´Unione Europea più 24 italiani. Oggi la platea si è allargata: si sono aggiunte molte università di Bulgaria, Cipro, Estonia, Islanda, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Malta, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca e Romania. Ogni ateneo che aderisce entra in rete con gli altri, poi vengono stipulate le convenzioni sul numero degli studenti e sui corsi da seguire. Lo studente viene selezionato e deve dimostrare almeno una conoscenza accettabile della lingua del Paese ospitante. L´Unione Europea contribuisce con una borsa di studio di 120 euro al mese, il resto viene messo a disposizione dall´ateneo di provenienza. Certo, campare non è facile, molti "erasmini" infatti studiano e lavorano.
Chi ha seguito un corso all´estero, di certo, trova più facilmente lavoro, ma non subito. Se a un anno dalla laurea infatti il tasso di occupazione è del 52,7 per cento per chi ha fatto l´Erasmus e di poco inferiore 51,4 per chi non l´ha fatto, a cinque anni il divario cresce: 89,1 contro 84,9 per cento. Il dato è contenuto nell´indagine compiuta da AlmaLaurea, il consorzio che associa 38 atenei italiani, in occasione del convegno organizzato a Bologna per i 20 anni dall´avvio del programma di mobilità studentesca. L´analisi è stata compiuta su un campione di 79mila studenti delle università aderenti al consorzio laureatisi prima della riforma del 2005.


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