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Repubblica-UN BEL SEI ROSSO ANCHE AI PROFESSORI

MARIO PIRANI UN BEL SEI ROSSO ANCHE AI PROFESSORI Non ho dubbi che quanto scriverò nella rubrica odierna m...

15/06/2004
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la Repubblica

MARIO PIRANI
UN BEL SEI ROSSO ANCHE AI PROFESSORI


Non ho dubbi che quanto scriverò nella rubrica odierna mi costerà l'accusa di essere un vecchio reazionario, incapace di cogliere le nuove esigenze di una democrazia diffusa. Pazienza. Comincio parlando dello pseudo esame di maturità che nei prossimi giorni impegnerà circa 500 mila alunni per quella che un tempo era la prova più ardua della scuola secondaria. Introdotto da Giovanni Gentile con la riforma del 1923 e ribadito in un articolo della Costituzione repubblicana l'esame di Stato era basato su alcuni principi basilari: 1) assicurare un oggettivo giudizio sulla serietà degli studi compiuti attraverso una verifica affidata a esaminatori esterni; 2) garantire parità di criteri di giudizio sugli studenti sia di istituti privati sia pubblici; 3) fornire una qualificazione competitiva oggettiva sui risultati globali di ogni singolo istituto. Il venir meno di ogni filtro selettivo nel corso degli studi ha reso via via anacronistico il significato dell'esame di Stato. Il ministro Berlinguer aveva, comunque, tentato di restaurarne una parvenza accettabile, ma Letizia Moratti ha preferito su questo punto secondare il generale lassismo con evidente soddisfazione in particolare per i "diplomifici" degli istituti privati. Resta solo da chiedersi perché venga tenuta in piedi la rappresentazione virtuale di un esame in cui i giovani, appena scrutinati dai loro professori, si ripresentano quindici giorni dopo ai medesimi professori perché verifichino ulteriormente la loro "maturità".
Ma tant'è. Ogni prova nelle nostre scuole è diventata da tempo virtuale. Ci pensò il primo centro destra - con l'approvazione dell'allora opposizione di sinistra - ad abolire il rinvio a settembre. Fu allora introdotto il famigerato sistema di debiti e crediti, riportati di anno in anno con la speranza magari di pareggiare una permanente insufficienza in latino o matematica con un'affermazione nel corso di chitarra spagnola o di cultura folcloristica regionale. La vetta dell'assurdo venne toccata con la introduzione del 6 rosso (per la vergogna?) che viene scritto con quell'inchiostro colorato per distinguerlo da un 6 autentico (in nero) corrispondente a una sufficienza realmente acquisita. L'idea che la tolleranza continua, depurata da ogni durezza di studio e applicazione, senza momenti di autentica verifica, senza disciplina, rappresentasse la via obbligata per la scolarizzazione di massa ha alimentato a sinistra, a destra e al centro riforme continue, ognor più catastrofiche. Ora si è giunti ad abolire anche la tesi di laurea, sostituita da un non meglio precisato "elaborato" di cui si è fissato non il minimo ma il massimo delle pagine: proibito superare le 50, meglio se meno, per limitare la fatica di chi lo scrive e di chi deve leggerlo!
In compenso si rovesciano i ruoli, come si evince dalla applauditissima iniziativa di introdurre il voto ai professori da parte degli studenti.
All'uopo saranno diffusi in tutti gli atenei questionari anonimi (per quanto concerne gli studenti che li compileranno) dove gli esaminatori all'incontrario daranno la loro valutazione sui malcapitati insegnanti, sulle loro capacità didattiche, sull'interesse del corso accademico loro affidato e così via. I risultati del referendum si tradurranno in un voto aritmeticamente emergente dalle varie risposte. Dopo di che questo voto inciderà sia sul giudizio di qualifica individuale dei docenti sia sulla distribuzione dei fondi ministeriali, poiché Letizia Moratti ha annunciato che il finanziamento alle università sarà ripartito per il 30 per cento sulla base dei pareri espressi dagli studenti. Tutto ciò non è, però, un frutto del centro destra ma di una riforma del centro sinistra che i successori ora applicano. Il che non consola ma suona a conferma dei guasti apportati da una pedagogia che ha delegittimato in mille modi l'autorevolezza dei docenti, annullato la disciplina scolastica, resa risibile la serietà degli studi.
Si dice che l'introduzione della valutazione studentesca ci allinea alle migliori università americane ma ci si scorda di aggiungere che quelle università sono private, hanno rette carissime e, quindi, esprimono la pretesa di chi paga ad avere voce in capitolo sulla presenza e capacità degli insegnanti. In una atmosfera, peraltro, di durissima competizione che si accompagna a una struttura di qualità con un legame diretto molto stretto tra studenti e professori. Nelle disastrate scuole italiane il voto studentesco servirà ad incentivare i comportamenti più permissivi e corrivi, punendo i professori troppo severi ed esigenti. Forse si salveranno anche loro con un 6 rosso.


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