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Repubblica: Un ateneo per il Nordest. Ed è scontro

I rettori: ricerca, serve un politecnico veneto. Gli industriali: non è necessario

10/07/2007
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la Repubblica

"Tarato su modello produttivo regionale". Riello: non sarebbe meglio rendere eccellenti le strutture esistenti?
Presentato il progetto delle università di Padova, Venezia e Verona

FRANCESCO JORI

VENEZIA - Potesse tornare indietro, oggi una sola cosa cambierebbe: il nome. Già, perché quando Vincenzo Milanesi, docente di Filosofia morale, dal novembre 2002 rettore dell´università di Padova, ha messo in campo l´idea di dar vita a un Politecnico del Veneto tarato sul modello produttivo della regione, non pensava proprio di scatenare aspre polemiche, la principale delle quali con lo stesso presidente di Confindustria regionale, Andrea Riello. E in larga misura, la discussione è stata condizionata proprio da quell´etichetta che sa comunque di vecchio. Perciò ora Milanesi rilancia: «Chiamiamolo Istituto veneto per la tecnologia e la ricerca applicata, o come altro vogliamo. Ma per favore, parliamo dei contenuti. Di uno, soprattutto: o questa che proponiamo è un´esigenza sentita dal sistema produttivo regionale, o facciamone pure a meno. Ma a quel punto, qualcuno si assuma la responsabilità di dire che al Veneto non serve».
Intanto, l´università va comunque avanti per la sua strada: ieri è stato presentato ufficialmente il progetto, elaborato da una commissione presieduta dal pro rettore vicario Giuseppe Zaccaria: il punto qualificante è che non si tratterà di un nuovo ateneo, ma della costituzione di una rete di poli di ricerca e formazione che raccordi le quattro sedi universitarie venete esistenti, un po´ sul modello degli istituti Max Planck tedeschi. Sono già stati individuati alcuni settori di frontiera su cui operare: agroalimentare, bioenergie, biotecnologie, modellistica ambientale e difesa dalle catastrofi naturali, ingegneria e fisiologia del movimento, informazione, meccatronica, nanotecnologie, patrimonio culturale e valorizzazione del territorio. Con una significativa novità di metodo oltre che di sostanza: l´idea del rettore Milanesi è condivisa dai suoi tre colleghi di Verona, Venezia Cà Foscari, e Istituto di Urbanistica e Architettura di Venezia. Ed è decisamente un fatto inedito, nel Nordest accusato da sempre, e con motivo, di non saper fare sistema: vizio non certo estraneo al mondo accademico, come riconosce per primo un suo esponente, Pier Francesco Ghetti, rettore dell´ateneo di Venezia: «Quest´area soffre di una proliferazione non pianificata di iniziative universitarie spesso prive di adeguate dimensioni, dove finora è mancata la volontà di investire in centri di eccellenza. Il Politecnico, o come lo si voglia chiamare, dovrà invertire questa tendenza, combattendo ogni forma di campanilismo tipicamente veneto. Che i quattro rettori della regione abbiano speso la propria faccia per sostenere l´iniziativa, mi sembra un passo avanti decisivo».
Così non è parso tuttavia al presidente degli imprenditori veneti Andrea Riello, ferocemente critico fin dalle prime battute: «Un nuovo Politecnico del Nordest? Vi sembra che la nostra regione e il nostro territorio necessitino di ulteriore offerta formativa? Proprio no: i numeri parlano da soli. Prima di provare ad aggiungere un´altra università, non sarebbe meglio tentare di rendere eccellenti quelle che già abbiamo?». Considerazioni condite col peperoncino sparso su certi riti del sistema: «Le inaugurazioni degli anni accademici? Lunghi cortei di tanti professori agghindati con pellicce di ermellino, che si autocelebrano, indifferenti ai tempi che cambiano, come re e cortigiani chiusi nei loro castelli feudali…».
Abbastanza per provocare l´indignata risposta a una sola voce dei quattro rettori: «Se è questo il livello della classe dirigente della nostra regione, c´è davvero di che essere preoccupati». Ma soprattutto, la loro replica torna sul significato della proposta: «Quella che chiediamo è una riflessione approfondita sulla possibilità di rafforzare la formazione superiore e la ricerca in Veneto, negli ambiti disciplinari delle scienze applicate e delle tecnologie più avanzate». E il pro rettore padovano Zaccaria rinforza il concetto: «Nell´era della società della conoscenza, proprio il raccordo tra università e territorio diviene un obiettivo da perseguire con determinazione, tenendo conto che manca ancora un collegamento strutturale tra il sistema della ricerca pubblica e il sistema produttivo; un fattore quest´ultimo strategico per un Nordest che sta lavorando alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo. O si punta sulla qualità e sull´innovazione, o non c´è molto futuro per la competitività di quest´area». Una riflessione rinforzata da un dato inequivocabile, fonte Istat: l´industria veneta investe in ricerca e sviluppo il 5 per cento appena, a fronte del 32 della Lombardia, del 22 del Piemonte, del 10 dell´Emilia-Romagna e del Lazio.
Il rettore Milanesi tiene comunque a sgombrare il campo dall´equivoco che si voglia fare un´università in più, come qualcuno teme: «Nessuna nuova sede, non grandi investimenti immobiliari, volontà di privilegiare l´esistente. L´idea è quella di dar vita a una federazione tra le quattro università venete, partendo dalla massa critica già costituita dalla prestigiosa facoltà di Ingegneria di Padova, e salvaguardando le esigenze di specificità delle singole sedi, ma al tempo stesso senza rimanere vittime dei campanilismi. Sono il primo a sostenere che la parcellizzazione in questo campo è negativa, perché semmai fa gli interessi dei docenti non degli studenti. La nostra è la messa in campo di una proposta che corrisponde a un passaggio di metodo e anche di storia: basta col rubarsi gli studenti tra atenei; il fatto di dar vita a una vera sinergia basata sull´eccellenza, può attirare piuttosto nuovi studenti anche dall´estero». E sottolinea un significativo titolo di merito, che si accompagna alla conferma per il sesto anno consecutivo del primo posto nazionale tra i grandi atenei assegnato a quello patavino dall´indagine Censis-Repubblica: «Una delle cose che mi hanno fatto più felice nella recente analisi del Civr (il Comitato nazionale di indirizzo per la valutazione della ricerca, ndr) è che il sistema universitario del Nordest, Emilia inclusa, è la sola porzione del Paese in cui il saldo tra la capacità di attrarre cervelli stranieri e fuga all´estero dei nostri cervelli risulta in attivo». Segno che investire in materia grigia ha sempre un ritorno.


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