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Repubblica-Test, crediti e una pagella-bilancio "ma i ragazzi vanno guardati in faccia" -di MArco Lodoli

IL DIARIO Un professore-scrittore racconta la maturità dei nuovi studenti italiani, sempre più ostaggio di una complessa burocrazia contabile Test, crediti e una pagella-bilancio "ma i ra...

15/06/2004
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la Repubblica

IL DIARIO
Un professore-scrittore racconta la maturità dei nuovi studenti italiani, sempre più ostaggio di una complessa burocrazia contabile
Test, crediti e una pagella-bilancio "ma i ragazzi vanno guardati in faccia"

MARCO LODOLI

Come ogni anno, è scattata l'ora degli esami di maturità, un momento decisivo per alunni e insegnanti. Io sono in macchina, immobile di fronte a un passaggio a livello chiuso: un treno infinito mi passa davanti, e mi sembra che tutti quei vagoni scintillanti nel primo sole della mattina contengano le tante classi che ho esaminato e giudicato in questi vent'anni di insegnamento. Mi sembra che centinaia e centinaia di ragazzi siano affacciati ai finestrini, qualcuno saluta affettuoso, molti fanno gestacci di scherno, corna e pernacchie, i più guardano distratti il paesaggio.
Corrono avanti, chissà verso quale destino, pieni di aspettative e timori. Ecco, sono già scomparsi nel rombo del treno e del tempo. Io solo sto fermo, sperando che le sbarre si sollevino e mi facciano passare, perché sono già in ritardo per la riunione preliminare con il presidente delle commissioni e tutti gli altri insegnanti. É la cosiddetta riunione plenaria, l'inizio di un rito sempre più misterioso che durerà per qualche bollente settimana. Comunque quel passaggio al livello e quel treno infinito mi hanno fregato. Quando arrivo a scuola, in leggero ritardo, sono già stato scelto come vicepresidente della commissione esaminatrice dai cari colleghi.
Subito consegnano una torre di documenti, fascicoli, verbali, una tonnellata di fogli che dovrò compilare e tenere in ordine ogni giorno. Questo è ormai l'aspetto più importante degli esami, guai prenderlo alla leggera, guai sbagliare a riempire una delle migliaia righe bianche. Si rischia il vizio di forma, il ricorso di qualche studente vendicativo, l'ira dei controlloridel ministero. É una morsa cartacea più potente dell'acciaio, una minaccia sbriciolata in troppi fogli. Io che non so neppure mettere in ordine il cassetto delle camicie, dovrò tenere a bada questo diluvio burocratico, cercando di non fare danni.
Il Presidente ci informa cordialmente che ogni commissione potrà utilizzare la sua griglia. In un attimo di confusione mentale immagino un gioioso barbecue collettivo, un esame in giardino sotto i platani e i tigli, ma subito capisco che si tratta di ben altra griglia, ossia di tutto quel complicatissimo sistema di giudizio che alla fine dovrà alzare il fumo di un voto inequivocabile. La prova dello studente verrà scomposta in frazioni, percentuali, minutaglie aritmetiche, e poi ricomposta in una somma esattissima. Conteranno molto i debiti e i crediti, e già questa terminologia mi mette brividi nella schiena. Mi fa pensare a una ragioneria del sapere che tende a cancellare l'individualità del candidato, a una bilancia precisa e spietata che non tollera sentimenti umani.
É il metodo anglosassone, baby, c'è poco da eccepire. É finita la pacchia delle valutazioni approssimative, quella vaghezza mediterranea che vive di intuzioni e simpatie. Ormai bisogna essere oggettivi, contare i decimali, valutare le crocette sui test, misurare i ragazzi senza quasi guardarli in faccia. E registrare tutto, nero su bianco, bene in colonna affinché non ci siano dubbi o interpretazioni difformi. I professori sono tutti intimoriti, tutti temiamo di inciampare su qualche dettaglio ancora invisibile. Abbiamo studiato in un altro modo, ci siamo formati diversamente, in una scuola che aveva ancora un'impostazione umanistica, e ora è come se fossimo costretti a indossare camici bianchi da laboratorio di analisi.
Eppure tra poco avremo davanti i nostri soliti studenti, arruffoni, affettuosi, confusi, bracaloni, che ridono e piangono per le loro ingarbugliate vicende esistenziali, che sanno sempre meno e spesso ci stupiscono con lampi improvvisi di intelligenza. Avremo davanti i nuovi ragazzi italiani, più istinto che logica, più paura che nervi saldi, timidissimi e sfrontati. Ragazzi che viene voglia solo di proteggere dal disordine e dalla crudeltà del tempo, fragili e volatili come bolle di sapone. Dovremo sezionare ciò che sanno, smontare rimontare puntualmente le loro prestazioni, farli salire su bilancini da farmacista, ma poi alla fine so già come andranno le cose, in modo poco anglosassone e molto italiano: "Mi sembra che Debora senz'acca se la sia cavata, no? Qualcosa ha detto, qualcosa ha studiato. La tesina faceva schifo, ma che cos'è questa stupidaggine delle tesine? In fondo è una bravissima ragazza, noi la conosciamo bene, sappiamo i guai che ha passato. Nella vita si farà valere, ne sono certo, quasi certo. Allora, promossa? Ma sì, promossa, e ora cerchiamo di mettere a posto tutti questi infernali numeretti.


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