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Repubblica-Strasburgo processa la Moratti "Non fa educazione stradale"

IL CASO Le scuole disattendono il codice. Accolto al tribunale europeo il ricorso per un giovane morto in incidente Strasburgo processa la Moratti "Non fa educazione stradale" ...

25/07/2004
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la Repubblica

IL CASO
Le scuole disattendono il codice. Accolto al tribunale europeo il ricorso per un giovane morto in incidente
Strasburgo processa la Moratti "Non fa educazione stradale"
La norma prevede programmi obbligatori finanziati dallo Stato
ANNA MARIA LIGUORI


ROMA - Troppi giovani vittime d'incidenti e niente educazione stradale nelle scuole: per questa negligenza, lo Stato italiano sarà processato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Primo nella lista degli inadempienti il ministro dell'Istruzione Letizia Moratti, responsabile "di non aver disciplinato le modalità di svolgimento dei relativi programmi e corsi obbligatori negli istituti di ogni ordine e grado". L'okay al processo è stato deliberato dalla Corte a fine maggio, la comunicazione formale è arrivata il 2 giugno scorso.
Una sentenza unica nel suo genere, che appare ancor più straordinaria se si legge l'intestazione dell'incartamento depositato a Strasburgo, "Rossi contro l'Italia". Il ricorso è stato presentato, infatti, da una sola persona, Germano Rossi padre di Paolo Rossi, 21 anni, deceduto il 7 giugno 2003 insieme ad altri tre amici coetanei in provincia di Milano. L'amico di Paolo, che quel giorno, guidava ha ignorato il limite di velocità di 50 km orari che c'era su quella strada, quando ha perso il controllo dell'auto andava a 120.
A Germano Rossi, funzionario di banca in pensione, la perdita del suo unico figlio è sembrata ancora più atroce quando ha cominciato a frequentare l'Associazione familiari e vittime della strada. Parlando con il legale dell'associazione, Federico Alfredo Bianchi, scopre che suo figlio è uno delle 9 mila persone morte nel 2003 sulla strada, e che questa cifra contiene un dato ancora più allarmante, la mortalità più alta è nella fascia dei giovani tra i 18 e i 29 anni. "È stato allora che ho intrapreso una lotta vera e propria contro le istituzioni che sembrano ignorare questo fenomeno - racconta Rossi - ho cominciato a cercare il modo di cambiare la situazione e ho scelto le vie legali".
Rossi rilegge attentamente il codice della strada in vigore dal '93, e viene a conoscenza dell'articolo 230 che testualmente recita: "Allo scopo di promuovere la formazione dei giovani in materia di comportamento stradale e della sicurezza del traffico e della circolazione, i ministri dei Lavori pubblici e della Pubblica istruzione, di intesa con il ministro dell'Interno e dei Trasporti, predispongano entro un anno dall'entrata in vigore del presente codice, appositi programmi, corredati con relativo piano finanziario, da svolgere come attività obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado compresi gli istituti di istruzione artistica e le scuole materne, che concernano la conoscenza dei principi della sicurezza stradale". Rossi si documenta e scopre che l'articolo 230 è disatteso sul tutto il territorio nazionale. Allora presenta 46 denunce in 46 Procure nel tentativo di smuovere le acque, ma nessuna Procura risponde. È allora che fa ricorso alla Corte a Strasburgo.
Nel ricorso, inviato il 31 luglio 2003, oltre alla denuncia della costante e reiterata violazione da parte dello Stato italiano dell'articolo 230 del Codice della strada, viene ipotizzata la violazione degli articoli 2 e 5 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo che impone e tutela i diritti alla vita e la sicurezza dei cittadini.
Con raccomandata del 20 agosto 2003 la Corte Europea chiede a Rossi ragguagli e documentazione in merito alla denuncia. Rossi invia un nuovo incartamento, con riferimenti precisi e circostanziati, sottolineando inoltre il fatto "che lo Stato non ha fornito una adeguata istruzione ed educazione ai ragazzi nel rispetto delle norme in materia di circolazione stradale, diretta ad eliminare o quantomeno attenuare i rischi all'integrità fisica connessa alla guida dei veicoli". Passano 10 mesi. Poi il 2 giugno scorso, con una seconda raccomandata da Strasburgo, viene ufficialmente comunicato all'intestatario italiano che "il ricorso ha una logica inconfutabile e che pertanto verrà portato all'esame della Corte il più presto possibile".


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